Quando si è davanti ad un film del genere, non vale la pena soffermarsi su capacità recitativa degli attori, fotografia ed altri dati tecnici; quando la trama è quella di Left Behind (remake di un altro apprezzatissimo capolavoro del 2000) tutto passa in secondo, terzo piano. [ La storia è quella di Chloe (Cassi Thomson), che torna in città per fare una sorpresa al padre (Nicholas Cage); questi, pilota d'aereo, compie gli anni e decide di lavorare per stare insieme ad un'assistente di volo con la quale ha un flirt, dopo che la moglie è diventata fanatica religiosa (vorrei ben vedere!). Chloe allora si reca all'aeroporto per salutare il padre e per caso stringe amicizia con Buck (Chad Michael Murray), che sta per prendere lo stesso volo del padre. Durante il volo, e mentre Chloe è in compagnia del fratello più piccolo Raymie, milioni di persone in tutto il mondo, compresi il primo ufficiale di volo e tanta alatra gente sull'aereo, scompaiono all'improvviso senza lasciare traccia. Scoppia il caos generale, i veicoli sbandano e molte persone si trasformano in criminali. ] Persone che “scompaiono all'improvviso”, che svaniscono in un puff (così come narrato in alcune “profezie bibliche” di Giovanni, Ezechiele e Daniele) lasciando i loro indumenti sul posto; avete gia visto questa scena? Probabilmente in una puntata di American Dad...esatto, in un episodio di un cartone animanto sfacciato e satirico; adesso, prendete un plot simile, aggiungeteci qualche sottotrama di contorno e realizzateci un film “serio”. Qualcuno riuscirebbe a fare qualcosa di non risibile? Ne dubito fortemente. Lo splendido messaggio di questa pellicola è uno e soltanto uno: non importa che tu sia una persona di sani principi, una normalissima persona che vive la propria vita senza torcere un capello a nessuno, e neanche un buon fedele, NO! Per essere salvato da dio devi proprio crederci per davvero! Fortemente! Ma non in un Dio universale che comprenda anche quello dei Musulmani e degli Ebrei, ma proprio in quello Cattolico!! Insomma, devi essere come uno di quei pazzi che si trovano sugli altarini a Central Park che non fanno altro che urlare “LA FINE E' VICINA! PENTITEVI! GESU' STA TORNANDO, CONVERTITEVI!” ...vabbè, avete capito. Left Behind è imbarazzante, un film che, una volta capito l'andazzo, lascia sbigottiti e perplessi durante l'intera visione; un prodotto oltretutto diseducativo, di dubbia moralità ed impietosamente di matrice cattolica. L'unica cosa che avrebbe potuto minimamente salvare il tutto, sarebbe stata quella di introdurre perlomeno il messaggio secondo il quale “c'è un solo ed unico dio di tutte le religioni”, ma neanche quello... e il buono e pacifico musulmano non salvato (cioè non svanito e non asceso al cielo) ne è la lampante e miserabile prova. Come se non bastasse, la pellicola non ha neanche il coraggio di andare fino in fondo al proprio fondamentalismo, commettendo un errore “biblico” non da poco: perchè mai i neonati dovrebbero essere salvi se non sono battezzati e quindi ancora macchiati del peccato originale? Una paraculata bella e buona per ammorbidire il tiro. Il risultato finale è un progetto a cui addirittura Mel Gibson non avrebbe mai accettato di partecipare, neanche se avesse avuto gli stessi problemi economici di Nicholas Cage, che ormai accetta qualsiasi ruolo; Left Behind è un film che potrebbe essere proiettato solo nelle ACR e nei seminari... almeno lì, forse, potrebbe ruscire nell'impresa di non risultare fastidioso e ridicolo...FORSE. (in basso il trailer della pellicola, anche in HD!)
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[in collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it] Decimo film sui mutanti, terzo film su Wolverine, Logan è il nono film a regalarci ancora, un'ultima volta Hugh Jackman nei panni di uno dei personaggi più iconici ed amati dei fumetti (e non solo), ancora diretto da James Mangold, dopo The Wolverine (2013). Mettiamo un po’ d’ordine, dato che la cronologia della saga degli X-Men negli ultimi anni ha creato non poca confusione negli spettatori: la pellicola è collocabile in un futuro prossimo successivo agli avvenimenti di X-Men: Apocalypse, dunque slegata completamente dai primi 3 lungometraggi sugli X-Men e dai 2 precedenti spin-off, visti gli stravolgimenti temporali accaduti in Days of a Future Past (2014). Siete ancora confusi? Poco male, infatti per quanto possa sembrare incredibile, non è così azzardato affermare che Logan è un film da poter vedere autonomamente, un capitolo che per trama e tematiche non presenta particolari riferimenti vincolanti alle precedenti pellicole. Siamo nel 2029, i mutanti sono ormai solo un ricordo, diventati leggende da fumetti, ed uno stanco ed acciaccato Logan vive facendo l’autista e accudendo in segreto, con l’aiuto di Calibano (Stephen Merchant), un altrettanto sfinito e malato Professor X, creduto defunto da un anno. Ad un tratto si presenta lungo il suo cammino Laura, una ragazzina molto “simile” a lui, inseguita da una losca organizzazione chiamata Transigen, e per proteggerla sarà costretto ad una fuga lungo le strade più desolate d’America e a fare i conti, ancora una volta, anche con il proprio passato. Come avrete potuto capire, la trama di Logan non è delle più complesse ed è abbastanza lineare. Più che in un convenzionale cinecomic ci si ritrova immersi in una storia on the road dai tratti drammatici; è tutto cambiato, tutto diverso, a partire dalle toccanti musiche originali di Marco Beltrami, fino ad arrivare ad una fotografia grigia e malinconica in grado fornire ancor più spessore e solennità alla pellicola. Fa male vedere un Wolverine così: demotivato, disilluso e alle prese con quei problemi fisici che dopo più di un secolo di vita stanno segnando anche lui; è sconvolgente constatare che il tempo abbia segnato inevitabilmente anche una delle menti più potenti come quella di Charles Xavier, ma è quasi commovente osservare l’evoluzione che ha raggiunto il rapporto tra due personaggi così diversi tra loro. La caratterizzazione soprattutto psicologica dei protagonisti è fin troppo chiara e limpida, un duro colpo al cuore per chiunque sia seduto in sala, e permette di scoprire tratti finora inesplorati dei personaggi. Discorso analogo va fatto per l’annunciata new entry Laura Kinney (conosciuta anche come X-23), la cui personalità viene fuori gradualmente, attraverso un’interpretazione maiuscola della dodicenne Dafne Keen, che riesce a dare un’incredibile intensità ad un personaggio così enigmatico e sfaccettato. Sarà lei a dare un nuovo scopo alla vita di una persona che pare continui a vivere solo per inerzia; il suo rapporto con Logan risulta infatti come qualcosa di unico, differente da quanto visto nel primo X-Men con Rogue, un legame dai tratti tanto profondi quanto bizzarri in alcuni frangenti, che vede la luce anch’esso in maniera crescente tramite sequenze e situazioni girate con pregevole maestria. Qualcuno ce lo vede uno dei più violenti personaggi Marvel nelle vesti di tutore di una ragazzina? Molto probabilmente l’unico ad avere un briciolo di speranza che ciò accada è il Professore, il solo rimasto a poter spronare il suo vecchio allievo. Nei panni del villain, accompagnato costantemente da militari a suo seguito, troviamo Donald Pierce (Boyd Holbrook), agente della Transigen sulle tracce della piccola Laura. Pierce è una sorta di soldato, più braccio armato che mente, un personaggio dal background solo accennato, ma caratterizzato ed interpretato a tal punto da risultare minaccioso e soprattutto odioso fin dalle prime battute. Non il miglior cattivo visto fino ad oggi, ma senza dubbio quello di cui aveva bisogno questa pellicola; spietato, più di un semplice scagnozzo, è un individuo che farebbe di tutto, scavalcando anche i più elementari principi etici, pur di raggiungere i suoi obiettivi. Non sarà l’unico a dare filo da torcere ai protagonisti, ma è bene non rivelare più di quanto sia stato fatto dai trailer, per non rovinarvi gli inaspettati, e per certi versi sconvolgenti, colpi di scena. Logan è un film dannatamente completo, il capitolo perfetto di cui aveva bisogno Hugh Jackman per mettere la parola fine ad un’avventura iniziata ben 17 anni fa. All’uscita dalla sala si ha la piacevole sensazione di appagamento nei confronti del personaggio, la certezza di aver conosciuto tutti (ma proprio tutti!) i lati del mutante artigliato, soprattutto grazie all’anima che il buon Jackman ha riversato in quest’ultima interpretazione. La pellicola è carica di tensione fin dalle prime battute, tensione che raggiunge lo spettatore durante tutti i 137 minuti, permettendo di dare costante ritmo e vivacità a una storia dal giusto equilibrio tra azione e non, che fornisce il necessario spazio a tutti i personaggi, e di questo ne è la prova Calibano, risultando anch’egli incisivo nonostante il minutaggio ridotto. Non mancano anche i momenti divertenti, attentamente centellinati, mai fastidiosi ed in perfetta linea con il tono della pellicola. A completare il tutto, dialoghi profondi e mai banali, in perfetta sintonia con sequenze di combattimento quanto mai truculente e ben girate; ci troviamo senza dubbio di fronte al più violento dei film sui mutanti (il divieto ai minori di 14 anni ne è la prova), con spargimenti di sangue da far mettere le mani davanti agli occhi. Esagerazione? Assolutamente NO! La ferocia mostrata dal protagonista è semplicemente una conseguenza del suo stato d'animo, una risposta esasperata e quanto mai animalesca a tutto ciò che ha subìto (e subisce ancora) nel corso della sua vita, una brutalità più che giustificata. Ma se pensate che sia tutto qui (si fa per dire), aspettate di vedere in azione la piccola Laura, in perfetta sintonia con il protagonista e addirittura in grado di rubargli più di una volta la scena, a testimonianza dello splendido lavoro fatto con il personaggio e dalla giovanissima attrice. Sto esagerando? No, no e ancora NO, Logan è un film stilisticamente unico nel suo genere ed è senz'altro il miglior film sugli X-Men (accompagnato da Days of a Future Past); azione, serietà, profondita, pathos... come già detto, un cinecomic atipico, considerabile tale tanto quanto la trilogia Nolaniana di Batman possa essere definita cinecomic. All'uscita dal cinema gli spettatori si sentiranno interdetti, ammutoliti, con un inevitabile solco sul cuore... ma in fondo è giusto così. Tutte le avventure sono destinate ad avere una fine... e questo era senz'altro il miglior modo per rappresentarcela; il miglior e più intenso modo per permettere a Hugh Jackman ed al suo Wolverine di salutarci come merita, per un'ultima volta. (in basso il trailer del film, anche in HD!) [in collaborazione con il sito www.nerdevil.it] Sono ormai quasi 10 anni che i Marvel Studios sono garanzia di intrattenimento, azione e divertimento nelle sale di tutto il mondo, ma il conubio sul piccolo schermo assieme a Netflix ha portato ad un notevole e quasi inaspettato incremento sul piano della qualità al Marvel Cinematic Universe (non che prima mancasse, sia ben chiaro). A seguito delle 2 stagioni di Daredevil, la stagione di Jessica Jones ed in attesa di Iron Fist a Marzo, la Marvel/Netflix ha finalmente sfornato questi 13 episodi di Luke Cage, personaggio già conosciuto in Jessica Jones che ha momentaneamente intrapreso il suo percorso in solitaria nel quartiere nero Newyorkese di Harlem. Gia dalle prime puntate è chiaro come la produzione abbia voluto dare una propria, personalissima impronta allo show: dopo il supereroistico legal drama che è stato Daredevil, e dopo il noir investigativo e psicologico Jessica Jones, ecco la ghetto story tutta black del Capitan America di Harlem. Dopo gli avvenimenti di Jessica Jones, Luke è alla ricerca di stabilità e di tranquillità, ma non può esimersi dal contrastare la delinquenza, la corruzione e la prepotenza che serpeggiano nella “sua” Harlem, soprattutto quando ci sono di mezzo persone a lui care. E' questo l'incipit della serie che, grazie agli intelligentissimi trailer che saggiamente poco o nulla di rilevante hanno mostrato, riesce ad avere degli sviluppi per nulla scontati. Attraverso i 13 espisodi abbiamo modo di conoscere in maniera ordinata e coerente tutti i personaggi della storia: dal trafficante Cottonmouth al criminale Shades, dalla losca Black Mariah (la sempre maiuscola Alfre Woodard) alla detective Misty Knight (inaspetatta sorpresa della stagione), per proseguire con altri inattesi ed assolutamente non meno rilevanti. La prima differenza che balza subito all'occhio dello spettatore dopo le prime puntate è la mancanza di un singolo, vero e proprio villain all'interno della storia, al contrario dei magistrali Kingpin e Killgrave visti rispettivamente in Daredevil e Jessica Jones. Questa “mancanza” che per molti potrebbe essere un punto a sfavore della serie, viene abilmente gestita dagli sceneggiatori, che col proseguire delle puntate continuano a ridisegnare le gerarchie dei personaggi all'intero della storyline. Se infatti da un lato fino al giro di boa della serie continuano ad essere inseriti personaggi inaspettati, dall'altro ne escono di scena altrettanti che fino a quel momento si pensava potessero accompagnarci per l'intera stagione; il tutto in maniera coerente, attraverso colpi di scena ben orchestrati mai banali. Per quanto riguarda il protagonista, era gia chiaro nelle puntate di Jessica Jones di come il personaggio calzasse a pennello per Mike Colter, in grado di interpretare un ottimo e convincente Luke Cage. Non mancano alcune piccole differenze caratteriali con la controparte fumettistica, molto più burbera e dai modi meno gentili, ma questo poco toglie alla prestazione e alla credibilità dell'attore. L'approfondimento psicologico inoltre vien ben esplicato nel corso degli episodi grazie anche ad un background diligentemente costruito anche attraverso flashback non ingombranti e perfettamente funzionali alla narrazione (l'esatto opposto di quelli di Arrow, per intenderci), che permettono gradualmente di far luce sul passato più o meno recente di Luke e soprattutto della sua famiglia... Ben riuscito poi il rapporto instauratosi con l' “infermiera di notte” Claire Temple (interpretata sempre dalla elegante Rosario Dawson), quasi co-protagonista, divenuta ufficialmente il collante tra tutte le serie Marvel/Netflix così come lo fu Phil Coulson (Clark Greg) nei lungometraggi Marvel fino al primo Avengers; è piuttosto chiaro che sarà il suo personaggio uno degli artefici dell'incontro dei 4 Difensori, non a caso pare essere più impaziente degli spettatori, continuando a ripetere a Jessica e Luke che conosce “un buon avvocato” che potrebbe aiutarli...e non solo in ambito giuridico, si potrebbe aggiungere. Al contrario di Marvel's Agents of SHIELD, invischiata anima e corpo nelle questioni delle pellicole cinematografiche, e mantenendo la linea dei suoi predecessori, la serie conserva la propria autonomia narrativa non facendosi mancare la giusta misura di violenza mai gratuita...e di inevitabili citazioni e riferimenti all'MCU , passando per una corretta dose di ironia per nulla invadente che contribuisce a spezzare la tensione in determinati frangenti. Nonostante l'effettistica non sempre ineccepibile e make up a tratti dozzinali (vedesi la sequenze ambientate nel carcere di Seagate) Luke Cage riesce egregiamente a ritagliarsi il suo spazio all'interno dell'universo Marvel, dissuadendo lo spettatore col procedere delle puntate a paragoni con le analoghe serie. Questo, oltre a quanto già detto, è reso possibile principalmente anche grazie ad una colonna sonora unica e quanto mai azzeccata, che attraverso le musiche soul/r&b che risuonano nell'Harlem Paradise (e abilmente usate anche per accompagnare momenti salienti) riescono a far immergere totalmente lo spettatore nelle “black” streets di quartiere, teatro delle avventure dei protagonisti. (in basso il trailer della serie, anche in HD) Presentato in concorso al Festival di Cannes 2016, La ragazza senza nome è l'ultima fatica dei fratelli Dardenne, registi di origine belga. In uscita giovedi 27 ottobre nelle sale italiane, la pellicola narra le vicende di Jenny (Adele Henel) una giovane e stimata dottoressa ad un passo dal suo sogno di ricoprire un ruolo di rilievo in un prestigioso ospedale, che nel frattempo conduce il suo lavoro in un ambulatorio affiancata dallo stagista Julien. Una sera qualcuno suona al citofono, ma lei decide di non aprire in quanto gia passata un'ora dall'orario di chiusura dello studio; destino vuole che la polizia locale il giorno dopo le chieda i video di sorveglianza di questo, perchè proprio lì a pochi passi è stato ritrovato il corpo senza vita di una ragazza di cui non si conosce nulla, la stessa a cui lei non ha aperto la porta. Inizia così la ricerca della protagonista di identificare e dare almeno un nome alla vittima. Quello che all'inizio poteva aver la parvenza di essere un dramma psicologico, si trasforma in poco tempo in un improbabile dramma investigativo che spinge Jenny a scelte quanto mai improbabili, come la rinuncia del proprio sogno e l'invischiarsi pericolosamente in indagini che non le competono. Quella che poteva giustamente essere una curiosità spinta da un senso di rimpianto e da senso di colpa (d'altronde, al momento del misfatto lei sarebbe dovuta essere gia rilassatamente sdraiata sul divano dopo una lunga giornata di lavoro), assume man mano i contorni di una vera e propria ossessione, resa ancor più inverosimile dalla mancanza di approfondimento psicologico della protagonista: cosa ci viene detto di lei? Cosa sappiamo del suo passato? Cosa avrebbe potuto far scattare in lei questa voglia di espiazione? Di Jenny non viene detto praticamente nulla, la sua vita ci viene presentata come solitaria, senza famiglia e senza amici, se non per lo stagista Julienne... forse un po troppo poco. Tra la totale assenza di musiche, e ambientato tra le lunghe giornate di una grigia Liegi, La ragazza senza nome accompagna lo spettatore per quasi 2 ore (113 minuti) con un trama fin troppo lineare senza particolari guizzi e priva di tensione. Poco ha potuto fare la seppur brava Adele Henel con una sceneggiatura che lascia ben poche emozioni; un'occasione persa dai fratelli Dardenne per realizzare e mettere in scena quello che sarebbe potuto essere un drammatico ma affascinante conflitto psicologico. (In basso il trailer in HD del film) Nel passato più o meno recente il cinema italiano ha provato più volte ad emulare quello hollywoodiano e molto spesso con pessimi risultati; questa volta ci ha provato con il genere più in voga del momento, quello supereroistico, e il rischio di brutte figure era facilissimo. Lo chiamavano Jeeg Robot è la storia di Enzo Ceccotti, ladruncolo di Tor Bella Monaca invischiato in questioni criminali che dopo essere venuto in contatto con sostanze radioattive si addormenta tra sudore e mille tremori come lo Spider-Man di Raimi e risveglia con una forza sovrumana: insomma, un perfetto nessuno con i poteri. In altri casi magari avremmo voluto sapere di più riguardo alla sostanza, alla sua provenienza ecc... ma qui non siamo davanti ad un cinefumetto, non ci sono storyline fumettistiche trentennali da rispettare e l'originalità della storia distoglie l'attenzione da puntualizzazioni che in questo caso sarebbero totalmente inutili. Enzo Ceccotti non vive affatto a New York, e l'ambientazione di borgata, senza grattacieli sui quali arrampicarsi o saltare, se in un primo momento può spiazzare, far sorridere o risultare addirittura paradossale per certi versi, col passare dei minuti risulta uno dei punti di forza della pellicola, così originale e inaspettata. Inoltre il protagonista non è intenzionato a salvare la gente, non ha amici e famigliari e non è intenzionato a proteggere nessuno se non se stesso; è un bambinone ignorante e poco cresciuto che Claudio Santamaria riesce ad interpretare al meglio (per quanto possa sembrarlo, non è affatto un'offesa). Sono questi saldi punti di partenza che ci forniscono una buonissima e graduale caratterizzazione del personaggio e ci accompagnano man mano sbiadendo nella sua volutamente restia evoluzione. Poi c'è Alessia, la vicina di casa di Enzo, a dire il vero una vera e propria personalità con disturbi psichiatrici ma da risultare tanto tenera, dolce e dall'animo innocente quanto “suonata”. Ilenia Pastorelli nel suo primo lungometraggio riesce a rendere in maniera quanto più credibile possibile un personaggio difficile ed impegnativo come quello di Alessia. In mezzo ai suoi “up & down” umorali, i suoi traumi infantili e la sua fissazione patologica per l'anime Jeeg Robot d'Acciaio piomba proprio Enzo, forse l'unico in grado di tenerla a bada e di proteggerla, e l'unico capace di creare un legame insolito ma sincero con Alessia, a sua volta l'unica, attraverso la sua ingenuità spontaneità e gentilezza a poter scalfire la corazza di diffidenza e disprezzo verso il mondo del nostro protagonista. A completare il quadro dei protagonisti c'è “Lo Zingaro”, il villain interpretato da Luca Marinelli: non per essere ripetitivi, ma siamo di fronte ad un'altra interpretazione maiuscola di questo film. Lo Zingaro è il boss di una banda di criminali, una banda di sfigati dei quali lui è il boss sfigato che vuole fare “il grande botto”. Le sue manie di grandezza, i suoi complessi d'inferiorità e la sua invidia cosmica (un po' in stile Loki verso il “perfetto” Thor) nei confronti sia del protagonista che di chiunque sia al di sopra di lui sono resi al meglio attraverso gli sguardi invasati e nervosi che ci regala il suo interprete; magari sarebbe stato interessante approfondire il background del personaggio, ma quel che c'è da capire si capisce dalle sue parole, dai suoi tic nervosi e dai piccoli gesti maniacali (se vogliamo, una versione molto meno intelligente del Lex Luthor di Jesse Eisenberg) resi al meglio dal suo interprete. Lo chiamavano Jeeg Robot è una piacevole sorpresa per il cinema italiano e non solo; una pellicola ben scritta ed ancor meglio interpretata, una drammatica avventura dai risvolti per nulla scontati. La pellicola del buon Gabriele Mainetti è probabilmente la prima vera di genere supereroistico degna di nota del nostro paese, e tuttavia nel suo piccolo non ha nulla da invidiare alle grandi produzioni hollywodiane, come dimostrano i numerosi premi conquistati. La storia di Enzo Ceccotti è l' origin story di un nuovo eroe, ma la speranza è che il tutto non venga rovinato da inutili sequel, perchè per quanto sia grande la voglia di sapere i risvolti e il continuo di questa storia...in fondo ci basta e ci appaga non poco quello che abbiamo già visto. (in seguito, il trailer in HD del film) |
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Gennaio 2019
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