[In collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it !] “Sembrava impossibile, ma ce l’hanno fatta…” No, non stiamo riproponendo il celebre spot di un ottimo amaro, ma parliamo di Justice League. Dopo i precedenti prodotti targati Warner/DC (fatta eccezione per Wonder Woman) non erano in molti a pensare che questo crossover potesse veramente convincere e dare una certa credibilità al DCEU, ma dopo quasi 5 anni e più di qualche occasione sprecata, pare che ai piani alti abbiano iniziato a capire come realizzare un cinecomic. Nonostante il triste addio alla regia di Zack Snyder sia avvenuto a riprese quasi ultimate (si vocifera dopo un buon 80% di girato) è innegabile come il lavoro del subentrato Joss Whedon (non uno qualsiasi, parlando del genere) abbia contribuito alla parziale riuscita della pellicola. Il compito di questo crossover era tanto semplice quanto arduo: semplice perché bisognava fare meglio dei suoi predecessori (impresa tutt’altro che impossibile), difficile perché bisognava farlo tramite una pellicola con protagonisti personaggi che non erano stati ancora introdotti… col rischio di fare il solito pastrocchio. Justice League riparte dai due punti fermi dell’attuale DCEU: Bruce Wayne ed una Diana Prince (Gal Gadot) per la quale non serve più scrivere elogi. Superman è morto lasciando un mondo in lutto e senza speranza, una minaccia epocale sta giungendo da molto lontano per impadronirsi della Terra e i due “colleghi”, da novelli Nick Fury, hanno bisogno di reclutare uomini con abilità speciali per fronteggiare l’arrivo di Steppenwolf ed i suoi fastidiosissimi e ronzanti scagnozzi volanti, detti anche Parademoni. Un po’ come Loki ed i Chitauri, tanto per intenderci. Tutto molto semplice e abbastanza lineare, per una pellicola perfettamente suddivisa in due parti, dove nella prima si assiste al reclutamento ed alla presentazione di tutti i personaggi, e nella seconda al confronto totale col cattivo di turno. Dei tre nuovi eroi – Flash, Aquaman e Cyborg – non sappiamo praticamente nulla, ma la loro presentazione, con tutti i limiti di minutaggio del caso, riesce ad essere sufficientemente buona sia per comprendere le loro azioni, sia per lasciare allo spettatore la voglia di saperne ancora di più. D’altronde, che la Warner abbia avuto fretta nello sfornare questo crossover è cosa nota, al contrario della concorrente Marvel, che con un oculato progetto studiato a tavolino fece in modo di realizzare uno stand-alone su tutti i suoi protagonisti prima di realizzare The Avengers. Paragoni a parte, Barry Allen è a tutti gli effetti il comic-relief del gruppo (nonostante la sequenza più divertente del film veda protagonista Aquaman), ancora acerbo, con un dramma familiare alle spalle ma tanta voglia di rivalsa. Arthur Curry è il tamarro burbero ma dal gran cuore, e Victor Stone è l’outsider,un ragazzo tormentato dalla sua condizione fisica ed alle prese con un potere più grande di lui; questo è ciò che sappiamo dei nuovi protagonisti e tutto sommato basta ai fini della storia. Gli interpreti poi appaiono subito a loro agio nei panni degli eroi che interpreteranno per i prossimi anni, e se questa è la loro prima apparizione, in futuro ci sarà da divertirsi! I fanboy della DC (e magari haters della Marvel) storceranno il naso – o magari abbandoneranno la lettura – dopo la prossima affermazione, ma con Justice League pare piuttosto evidente l’inizio di un processo di “marvelizzazione” in casa Warner: è innegabile come il tono della pellicola sia più scanzonato rispetto alle precedenti uscite (nonostante la fotografia ancora piuttosto cupa e desaturata in perfetto stile Snyder voglia far credere il contrario). Questa volta si sorride, fortunatamente non toccando i livelli di Thor: Ragnarok, e ne è la dimostrazione il fatto che Ben Affleck – ottimo come Bruce Wayne e sempre buono come Batman – sia addirittura riuscito ad aggiungere un paio di espressioni al suo non proprio ampio repertorio. Ma c’è un prezzo da pagare anche per questo. Infatti se c’è qualcosa che funziona poco all’interno della storia, anche questo in perfetto stile Marvel, è il villain Steppenwolf. Sotto la motion capture del generale alieno si cela un irriconoscibile Ciaràn Hinds (il Mance Rayder di Game of Thrones) che nulla può al cospetto di una caratterizzazioni alquanto misera del suo personaggio. Steppenwolf è il classico cattivo che è tale e sicuro di sé perché deve esserlo, nonostante quel poco del suo background mostrato ci faccia capire che non ha poi tutti questi motivi per credersi invincibile; ma ciò che a posteriori fa riflettere è il fatto che riesca appena a far paura ai nostri protagonisti, rimanendo pressoché invisibile al resto del mondo: una minaccia “globale” che passa in sordina, in confronto a quanto provocato da Doomsday in Batman v Superman. Justice League tra citazioni, sequenze action convincenti e battaglie in stile Signore degli Anelli che riscrivono la storia del mondo, non si fa mancare nulla, ed oltre ad i personaggi primari rinfresca la memoria agli spettatori mostrando Amazzoni, Atlantidei (tra i quali la bellissima Mera di Amber Heard), Alfred, Lois, Henry Allen dietro le sbarre, la “famigerata” Martha e Superm… Ops! Forse non dovevo svelare il segreto di Pulcinella del film. (Ebbene sì, come tutti sapevamo c’è anche Superman, e almeno per questa volta i trailer non hanno svelato/rovinato nulla di rilevante.) A questi si aggiunge anche un nuovo Commissario Gordon interpretato J.K. Simmons, e nonostante il minutaggio risicatissimo, le poche battute da lui pronunciate sono significative per conoscerne il rapporto ventennale col Cavaliere di Gotham: promosso sulla fiducia! Un panorama di personaggi piuttosto ampio che al contrario di quanto si possa pensare non si rivela un’accozzaglia messa su solo per fare numero. Dal punto di vista tecnico la pellicola risente nel montaggio di molte scene tagliate (molte delle quali presenti nel trailer ma non al cinema), ma nulla di incredibilmente vistoso o che addirittura provochi dei buchi di sceneggiatura come visto in BvS. Le musiche di Danny Elfman sono semplicemente bellissime e l’autocitazionismo del compositore in determinati frangenti farà venire la pelle d’oca ai fan di lunga data del primo vero Batman cinematografico. La CGI che tanto aveva generato perplessità, soprattutto quella inerente a Cyborg, si rivela decisamente migliore di quanto pronosticato, nonostante qualche piccola sbavatura. Paradossalmente il capitolo che il pubblico si sarebbe voluto gustare più a lungo termina dopo “soltanto” 120 minuti, ma ciò non influisce sul risultato finale né per quanto concerne lo sviluppo e la comprensione della trama, né per quanto riguarda il ritmo, grazie ad un buonissimo equilibrio tra azione e sequenze più dialogate. I cinque eroi (+1) inoltre riescono ad amalgamarsi col passare dei minuti, creando un collettivo tanto eterogeneo quanto spassoso. Questo quinto prodotto DC/Warner complessivamente non esalta oltremodo, ma nonostante i difetti non delude affatto. Justice League e la DC riescono finalmente a divertire e lo fanno in maniera matura. Non sarà questo film a sancire la consacrazione del DCEU, ma senz’altro, insieme a Wonder Woman, rappresenta un punto di partenza per espandere la saga. D’altronde di cose da vedere in futuro ce ne saranno eccome, e ciò che viene mostrato nelle due scene post-credits ne è solo un piccolo assaggio. (In basso, il trailer del film, anche in HD!)
0 Commenti
[in collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it] Prendete la letalità di un Terminator, la spietatezza di The Punisher e lo spirito di Rambo: mescolate il tutto ed aggiungeteci eleganza ed un pizzico di poesia... ecco a voi il cocktail per ottenere John Wick. A tre anni dal buon successo commerciale e di critica del primo capitolo, torna Keanu Reeves nelle vesti di John Wick: stessa regia, stesso sceneggiatore, stesso cast... dopotutto dovrebbe essere sempre così: squadra vincente, non si cambia! Questo Capitolo 2 riprende esattamente da dove ci aveva lasciato la storia, con una questione in sospeso dalla precedente pellicola, e procede introducendo il doppiogiochista Santino D'Antonio (Riccardo Scamarcio – oddio, ma devono necessariamente dare agli italiani dei nomi così brutti e fintamente stereotipati?!). Sarà lui a bussare alla porta del protagonista, e spingerlo verso un'ultima(??) missione niente popò di meno che nella nostra Roma, che John non può assolutamente rifiutare. Questo è l'incipit, ma gli sviluppi della storia non saranno pochi. John Wick:Capitolo 2 permette agli spettatori di approfondire molti concetti solamente accennati nel primo film, mostrandoci a 360° il mondo di John Wick, un mondo popolato da killer sotto mentite spoglie, un mondo dove l'hotel Continental è quasi un'istituzione, sparsa con sedi anche oltreoceano. John è soltanto alla ricerca di pace, pace per se e per il suo unico fido amico a 4 zampe, ma in un mondo così non c'è pace per gente come lui, in un mondo così, in un modo o nell'altro sarà costretto a ritornare sempre in pista, o per motivi fortuite... o perchè il passato non è mai del tutto passato. C'è molta Italia nella pellicola, ma nonostante tutto-e le dovute”paure”- nessuno in fin dei conti sfigura, a partire da Roma (magica, bella...e pulita, come solo nei film Americani può essere), per proseguire con Claudia Gerini-ristretto ma intenso il suo minutaggio- e concludere con la “guest-star” Riccardo Scamarcio, a tutti gli effetti uno dei più rilevanti personaggi della storia, che dimostra di essere molto più bravo nel recitare...che non nel doppiarsi! Piacevolissima anche la presenza di Franco Nero, qualcosa di più di un cameo per lui, ma mai banale, come non lo fu anche in Django Unchained. A seguire, come già detto, ritroviamo il vecchio cast, dal buon Aurelio (John Leguizamo), Charon (Lance Reddick), impeccabile receptionist del Continental, e l'immancabile Winston, Direttore del Continental, portato in scena ovviamente da Ian McShane, per un ruolo cucitogli su misura. Winston è uno di quei personaggi di cui vorremmo sapere sempre di più, ma probabilmente se si dicesse troppo perderebbe quel fascino misterioso di chi, con ordine e poche fondamentali regole, dirige l'unica zona franca per killer professionisti: il Continental è la Svizzera, Winston è la Svizzera...bella, pulita, accogliente...ma non ammette sgarri. Un merito non può non essere riconosciuto a questo Chapter2: non ha paura di esagerare. Tutto ciò che vediamo è direttamente proporzionale al mondo in cui vive il protagonista; sparatorie come portare a spasso il cane, codici d'onore intoccabili (pena morte), pugni e calci in faccia come se non ci fosse un domani, e sangue...tanto sangue, con relativi primi piani, per non lasciare nulla all'immaginazione! Dunque, troppo esagerato? Chi può dirlo...dipende da voi, ma per ciò che vuole essere il film, per nulla affatto. Rimanendo in tema, il solito plauso lo meritano le coreografie delle scene d'azione, sempre impeccabili e perennemente accompagnate da quella fotografia simil-dark e da un sonoro volutamente martellante ad incrementarne la spettacolarità; tutto molto bello, e se magari alcune scene in questione non fossero tanto prolungate, lo sarebbe leggermente di più. Note di merito per due sequenze in particolare: la prima-nella prima parte del film-, durante la fase preparatoria all'azione, caratterizzata da un montaggio frenetico ed incalzante, la seconda-nell'ultima parte- un combattimento con location una sala piena di specchi... tensione alle stelle. Non si è parlato fino ad ora di villain, ed un motivo c'è: a differenza del suo predecessore, questo sequel ha sviluppi di trama che permettono a chiunque di essere un potenziale cattivo. Nulla è scontato, chiunque potrebbe rivoltarsi contro John,e lui lo sa. Questo è ciò che rende John Wick-Chapter2 gradevole e coinvolgente tanto quanto il primo; come ovvio che sia, si è persa l' “emozione” della prima volta e molto, dato anche il genere, sa di già visto, ma il merito della pellicola è quello di non aver voluto propinare al pubblico un sequel-fotocopia (come accaduto in passato per Taken). La novità è quella di aver creato un mondo totalmente inedito in cui ambientare le avventure del protagonista, un mondo del quale sapevamo ben poco nel primo capitolo e che adesso abbiamo imparato a conoscere, grazie anche ad altre figure volutamente non citate, tutte da scoprire ed approfondire. Lo sforzo creativo c'è stato, e sforzo ancor maggiore dovrà essere fatto per il terzo capitolo, inevitabile conclusione di una trilogia che possiede tutti gli elementi per diventare un piccolo Cult di genere. Nulla fino ad adesso è stato annunciato, ma visto il responso di pubblico e critica...ed il finale tutt'altro che chiuso, l'annuncio del Chapter:3 non tarderà ad arrivare. (in basso il trailer del film, anche in HD!) Nel passato più o meno recente il cinema italiano ha provato più volte ad emulare quello hollywoodiano e molto spesso con pessimi risultati; questa volta ci ha provato con il genere più in voga del momento, quello supereroistico, e il rischio di brutte figure era facilissimo. Lo chiamavano Jeeg Robot è la storia di Enzo Ceccotti, ladruncolo di Tor Bella Monaca invischiato in questioni criminali che dopo essere venuto in contatto con sostanze radioattive si addormenta tra sudore e mille tremori come lo Spider-Man di Raimi e risveglia con una forza sovrumana: insomma, un perfetto nessuno con i poteri. In altri casi magari avremmo voluto sapere di più riguardo alla sostanza, alla sua provenienza ecc... ma qui non siamo davanti ad un cinefumetto, non ci sono storyline fumettistiche trentennali da rispettare e l'originalità della storia distoglie l'attenzione da puntualizzazioni che in questo caso sarebbero totalmente inutili. Enzo Ceccotti non vive affatto a New York, e l'ambientazione di borgata, senza grattacieli sui quali arrampicarsi o saltare, se in un primo momento può spiazzare, far sorridere o risultare addirittura paradossale per certi versi, col passare dei minuti risulta uno dei punti di forza della pellicola, così originale e inaspettata. Inoltre il protagonista non è intenzionato a salvare la gente, non ha amici e famigliari e non è intenzionato a proteggere nessuno se non se stesso; è un bambinone ignorante e poco cresciuto che Claudio Santamaria riesce ad interpretare al meglio (per quanto possa sembrarlo, non è affatto un'offesa). Sono questi saldi punti di partenza che ci forniscono una buonissima e graduale caratterizzazione del personaggio e ci accompagnano man mano sbiadendo nella sua volutamente restia evoluzione. Poi c'è Alessia, la vicina di casa di Enzo, a dire il vero una vera e propria personalità con disturbi psichiatrici ma da risultare tanto tenera, dolce e dall'animo innocente quanto “suonata”. Ilenia Pastorelli nel suo primo lungometraggio riesce a rendere in maniera quanto più credibile possibile un personaggio difficile ed impegnativo come quello di Alessia. In mezzo ai suoi “up & down” umorali, i suoi traumi infantili e la sua fissazione patologica per l'anime Jeeg Robot d'Acciaio piomba proprio Enzo, forse l'unico in grado di tenerla a bada e di proteggerla, e l'unico capace di creare un legame insolito ma sincero con Alessia, a sua volta l'unica, attraverso la sua ingenuità spontaneità e gentilezza a poter scalfire la corazza di diffidenza e disprezzo verso il mondo del nostro protagonista. A completare il quadro dei protagonisti c'è “Lo Zingaro”, il villain interpretato da Luca Marinelli: non per essere ripetitivi, ma siamo di fronte ad un'altra interpretazione maiuscola di questo film. Lo Zingaro è il boss di una banda di criminali, una banda di sfigati dei quali lui è il boss sfigato che vuole fare “il grande botto”. Le sue manie di grandezza, i suoi complessi d'inferiorità e la sua invidia cosmica (un po' in stile Loki verso il “perfetto” Thor) nei confronti sia del protagonista che di chiunque sia al di sopra di lui sono resi al meglio attraverso gli sguardi invasati e nervosi che ci regala il suo interprete; magari sarebbe stato interessante approfondire il background del personaggio, ma quel che c'è da capire si capisce dalle sue parole, dai suoi tic nervosi e dai piccoli gesti maniacali (se vogliamo, una versione molto meno intelligente del Lex Luthor di Jesse Eisenberg) resi al meglio dal suo interprete. Lo chiamavano Jeeg Robot è una piacevole sorpresa per il cinema italiano e non solo; una pellicola ben scritta ed ancor meglio interpretata, una drammatica avventura dai risvolti per nulla scontati. La pellicola del buon Gabriele Mainetti è probabilmente la prima vera di genere supereroistico degna di nota del nostro paese, e tuttavia nel suo piccolo non ha nulla da invidiare alle grandi produzioni hollywodiane, come dimostrano i numerosi premi conquistati. La storia di Enzo Ceccotti è l' origin story di un nuovo eroe, ma la speranza è che il tutto non venga rovinato da inutili sequel, perchè per quanto sia grande la voglia di sapere i risvolti e il continuo di questa storia...in fondo ci basta e ci appaga non poco quello che abbiamo già visto. (in seguito, il trailer in HD del film) |
#angolodelTacUn angolo fazioso dove trovare recensioni di film, serie tv...ecc rigorosamente NO SPOILER! @rchiviRecensioni
Gennaio 2019
Categorie |