[In collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it !] Cinque pellicole in 10 anni dirette da Michael Bay ci avevano fatto credere che forse i film dedicati ai celeberrimi Transformers della Hasbro non potessero essere differenti da ciò che sono stati: grandi effetti speciali, scontri ed esplosioni a non finire, personaggi umani approfonditi quanto una pozzanghera sahariana e causa di cefalea una volta usciti dal cinema. Ora, chi vi scrive è nel suo piccolo un fan del buon Michael Bay, uno che gli riconosce un suo particolare stile (un po’ del cazzo sì, ma sono dettagli) ed un estimatore (nei limiti del caso) dei primi 2-3 film della saga, prima che il nostro beniamino tirasse fuori tutte le sue più grandi qualità per mandare totalmente in vacca l’intero franchise. Dunque, come continuare a portare i Transformers al cinema? Una volta scovato il problema (sorry, Michael… sigh) lo si mette tra i produttori e si chiama un regista fresco, più giovane, si spostano indietro le lancette della “continuity” della saga (ormai inesistente e martoriata fino all’inverosimile) e si tenta un riavvio. Così arriviamo al 2018, a solo un anno dalle 9 candidature ai Razzie Awards di Transformers – L’Ultimo Cavaliere, con la Paramount che tenta un ultimo colpo di coda con Bumblebee. Alla regia questa volta troviamo Travis Knight, che finora aveva diretto il solo ma molto apprezzato Kubo e la Spada Magica, per quello che agli occhi di tutti è il primo spin-off della saga. Siamo nel 1987, infuria la guerra su Cybertron, gli Autobot sono in ritirata e Optimus Prime spedisce il fido Bumblebee sulla Terra per formare un nuovo avamposto e proteggere i suoi abitanti nel caso di arrivo dei Decepticon; i cattivi arrivano e si mettono a cercarlo, ma lui nel frattempo ha perso la memoria e conosciuto la cara Charlie. La trama per molti versi non differisce eccessivamente dal primo capitolo del 2007, ma una delle poche cose certe del cinema è che non è importante quale storia si (ri)racconti, ma come, e Bumblebee lo fa in maniera completamente diversa rispetto a prima. Innanzitutto ci sono gli anni ’80, c’è la musica tipica di quegli anni, ci sono anche i cereali di Mr. T e sì, infuria ancora il clima da Guerra Fredda. Sopra ogni cosa però ci sono i Transformers, quelli veri, con un design tutto nuovo piacevolmente cartoonesco e riconducibile alla serie G1, che li rappresenta grandi ma non giganti, e finalmente c’è anche il nostro protagonista con le sembianze del maggiolinoche l’ha reso tanto celebre e riconoscibile. Ma tutto non sarebbe così diverso se dietro la macchina da presa Travis Knight non avesse dato un’impronta totalmente rinnovata al tono e allo svolgimento della pellicola, semplicemente imparagonabile per stile ai precedenti. Bumblebee è una sincera storia d’amicizia tra due individui che hanno perso qualcosa, qualcosa che crea un vuoto talmente grande che forse solo insieme potranno colmare. Non è un caso (incredibile solo pensarlo) che i momenti migliori del film siano proprio quelli tra i due, dove imparano a conoscersi, a ritrovare loro stessi, dove lo spettatore a sua volta impara a conoscerli e a comprendere appieno i loro stati d’animo. Il loro rapporto prende chiaramente ispirazione da altre pellicole con analoghi tipi di protagonisti, ma nel complesso la possibile sensazione di già visto viene spazzata via dalla simpatia e dalla quasi commovente tenerezza che riescono ad esprimere i due. Da una parte abbiamo la bravissima Hailee Steinfeld nel ruolo di Charlie, una bella diciottenne mai volgare (qualsiasi riferimento a Megan Fox è puramente casuale), tosta ma fragile, che ha perso il padre ed è in rapporti non proprio idilliaci con il resto della famiglia; dall’altra abbiamo Bumblebee, in fin dei conti il caro vecchio robottone conosciuto fino ad oggi, ma confuso e spaesato sulla Terra dopo aver perso la memoria in battaglia, del quale riusciamo finalmente a scoprire qualche nuova sfaccettatura. In tutto questo c’è ovviamente anche spazio per le esplosioni (e non il contrario), con sequenze actionche fortunatamente non occupano più del 15/20% della durata totale, ma che hanno invece il pregio di essere chiare, dirette senza l’intenzione di bombardare, tramortire e rimbecillire lo spettatore: in una parola, BENE. Nessuna opera d’arte, ma un lavoro ben fatto. E dei cattivoni ne vogliamo parlare? Tutto sommato non sarebbe neanche strettamente necessario, non perché le spie Decepticon Shatter e Dropkick siano due macchiette o personaggi inutili ai fini della trama, anzi, si rivelano cattivi e spietati come forse visto poche altre volte nella saga. Non serve parlarne perché, per la prima volta nella storia cinematografica dei Transformers, non sono gli scontri e le esplosioni il fulcro del film. Per fortuna. Alla buon’ora. Nota di merito, inoltre, per aver saputo gestire egregiamente la presenza di John Cena, non di certo rinomato per le sue doti recitative. La parte praticamente gli calza a pennello e il minutaggio a lui dedicato è calibrato perfettamente non solo per le sue capacità, ma anche ma anche per fornire una minima e sufficiente caratterizzazione ed evoluzione al suo personaggio: tanto di cappello alla produzione. Insomma, vale la pena tornare in sala un’ennesima volta per vedere il sesto film sui Transformers? Sì, sì e altre dieci volte sì, perché questo non è il solito film su robottoni che spaccano e fanno esplodere tutto (il che può essere anche appagante… fino ad un certo punto), ma una storia d’amicizia dai toni a tratti quasi fiabeschi, ottimamente narrata. Una novità assoluta per il franchise, che adesso però deve i fare i conti con una continuity ancor più stravolta: sarebbe molto difficile, nonostante riferimenti e strizzate d’occhio alle pellicole precedenti, fare un completo elenco di tutte le incongruenze ed anacronismi presenti almeno in 4 dei 6 film della serie. Non si capisce ancora del tutto se Bumblebee voglia rappresentare uno spin-off, un prequel o un reboot totale della saga. La risposta del pubblico, e per la prima volta anche della critica, però è stata molto chiara: vuoi un consiglio spassionato, Paramount? Un bel colpo di spugna e avanti tutta con questo nuovo corso: i più neanche se ne accorgeranno e i fan di lunga data non potranno che esserne felici. ...ma ricordate sempre che Michael Bay occuperà sempre un posticino speciale nel nostro cuore! <3 (In basso il trailer del film!)
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[In collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it !] Ci sono voluti ben 52 anni (la prima apparizione del personaggio risale al 1966) affinché il primo supereroe di colore riuscisse ad avere una sua versione cinematografica, ma finalmente questo 2018 ha portato con sé il film interamente dedicato a Pantera Nera (o meglio T’Challa, Re e protettore del Wakanda), il 18° cinecomic targato Marvel Studios. A dire il vero la sua storia ha avuto inizio in Captain America: Civil War, dove abbiamo visto per la prima volta -in abiti civili e non- l’allora principe insieme al padre, caduto sotto le esplosioni di un attentato a Vienna. Ora però è tempo di tornare a casa, nella madre Africa, dove l’erede al trono si appresta ad essere incoronato come nuovo sovrano. Dopo Luke Cage, il black power di casa Marvel passa dal piccolo al grande schermo, ma le differenze tra i due non potrebbero essere più grandi: non ci troviamo a New York, ad Harlem, non c’è nessuna rivalsa sociale, e non c’è il ghetto, ma un intero popolo. Black Panther catapulta lo spettatore in un nuovo mondo, un regno nascosto, un’ambientazione del tutto inedita che già di per se rappresenta una sfiziosa novità nel Marvel Cinematic Universe; un luogo terrestre e non cosmico, dove antiche tradizioni e modernità si fondono e convivono all’unisono creando un connubio tanto insolito quanto affascinante. Tutto perfettamente accompagnato da musiche anch’esse figlie del nuovo e vecchio black style con paesaggi mozzafiato a completare il quadro. È quasi paradossale di questi tempi (specie in Italia) assistere ad una storia dove sia l’etnia di colore a voler rimanere separata dall’Occidente, ma d’altronde se c’è il vibranio di mezzo…. Difficile non affezionarsi subito alla stragrande maggioranza dei comprimari della pellicola, tra cui spiccano la giovane sorella del protagonista Shuri (cervellona a livelli che “Tony Stark levati”), la guerriera Okoie (la Michonne di The Walking Dead), la ex di turno Nakia (interpretata dal Premio Oscar Lupita Nyong’o), fino ad arrivare al personaggio interpretato da Michael B. Jordan, Killmonger, il villain della storia. Non sempre un gran bel cast (al quale vanno aggiunti altri nome del calibro di Forest Whitaker, Martin Freeman, Daniel Kaluuya e Angela Bassett) è sinonimo di successo, ma uno dei valori di Black Panther è senz’altro quello di aver saputo valorizzare ognuno dei suoi interpreti tanto quanto basta per farceli rimanere impressi nella memoria. Per il resto si può tranquillamente affermare che il film diretto da Ryan Coogler (già regista dell’ottimo Creed) segua una sceneggiatura semplice, senza particolari fronzoli e con i giusti colpi di scena, che narra la storia di una grande famiglia, dove le colpe dei padri potrebbero ricadere sui figli, un dramma familiare che sembra ricordare addirittura Il Re Leone. Questa volta però non c’è un invidioso e viscido Zio Scar, ma un Killmonger col quale non è poi tanto difficile empatizzare, e comprendere quindi cosa lo spinge ad agire in un certo modo (certamente discutibile). Michael B. Jordan prosegue l’ultima felice tendenza in casa Marvel di valorizzare anche i propri cattivi (uno su tutti l’Avvoltoio di Michael Keaton), regalando una performance senza sbavature, che sbatte in faccia allo spettatore tutto il rancore e la rabbia del suo personaggio. Dopo il disastroso Fantastic Four del 2015 (dove ha interpretato la Torcia Umana), l’attore si è preso una gran bella rivincita nell’ambito dei cinecomic, riuscendo in più di qualche frangente a rubare la scena al protagonista Chadwick Boseman, che paradossalmente risulta più accattivante nella sua prima apparizione che non nel qui (forse la sua ottima interpretazione nel 2016 ha portato troppo in alto le aspettative). Nota di merito anche per Martin Freeman, che nei panni dell’agente CIA Everett Ross ricopre a sorpresa un ruolo piuttosto importante. È ormai impossibile che le vicende di questo immenso universo cinematografico non si interconnettano l’una all’altra, ma il film, nonostante i dovuti collegamenti con gli altri capitoli, è uno di quelli che maggiormente potrebbe vivere di vita propria. Black Panther è senz’altro uno dei film più maturi del MCU, in cui non c’è spazio per la comicità ai limiti del demenziale vista in Thor: Ragnarok, ma al massimo momenti più “leggeri”, che non spezzano affatto la profondità della storia; si sorride ma non si ride, e va senz’altro bene così. Bello, spontaneo e divertente il rapporto fratello-sorella tra T’Challa e la principessina Shuri. Ovviamente non manca l’azione, con sequenze adrenaliniche e sempre spettacolari che raggiungono il culmine con la grande battaglia finale (e mi fermo qui per non svelare troppo). Nella pellicola l’azione non è preponderante, ma non passa affatto inosservata. Il regista ha saputo ben dosare l’equilibrio tra l’azione e sequenze più lente, dialogate e riflessive (da non intendere assolutamente come “noiose”). Macroscopicamente questo primo film Marvel del 2018 non presenta particolari difetti: certo, la CGI di Black Panther restituisce un po’ un “effetto videogame” non eccezionale, simile a quello dello Spider-Man di Tom Holland, ma il costume tecnologicamente anti-tutto del Re Wakandiano è magnifico e quindi questo particolare tende a passare in secondo piano. Black Panther è un film canonico, semplice ma non banale, che nella sua “normalità” ha il merito perlomeno di fornire un’ambientazione inedita, visivamente d’impatto, oltre a personaggi ben scritti. Non è di certo il capolavoro che ci hanno descritto oltreoceano, ma d’altronde le opinioni su ogni nuovo cinecomic sembrano non avere mezze misure, e ogni volta si sente parlare solo di “capolavoro” o “cagata pazzesca” (abbiamo anche pubblicato un articolo sull’argomento). Una cosa però è sicura: la Marvel ancora una volta ha fatto centro, senza troppi sforzi e facendo quello che le riesce meglio. Black Panther è un film meravigliosamente modesto, una pellicola che non entusiasma a livelli incredibili, ma certamente permette di lasciare la sala soddisfatti. E ottiene questo risultato di per sé, senza doversi poggiare molto sulle 2 scene post-credits, anch’esse piuttosto “normali”, ma attorno alle quali ruota giustamente molta curiosità, visto l’arrivo imminente dell’attesissimo Avengers: Infinity War che vedrà entrare in azione il titano pazzo Thanos. [In basso il trailer del film anche in HD!] Era l'ormai lontano 1999 quando The Blair Witch Project con 2 soldi o quasi, riuscì a conquistare pubblico e critica regalando al mondo il primo film/documentario girato con telecamere amatoriali, racimolando quasi 250milioni di dollari in tutto il mondo. Saremo tutti grati agli ideatori di questa nuova formula di fare cinema, che negli anni è riuscita a regalare film degni di nota come Cloverfield, Rec (il primo!) e Paranormal Activity (il primo!)...ma anche una miriade di imitazioni, la maggior parte delle quali da poter tranquillamente buttare nel water e scaricare repentinamente. La pellicola ispirò un sequel apocrifo nel 2002 (questa volta girato in maniera tradizionale) che è rapidamente finito nel dimenticatoio; si pensava che la lezione di 14 anni fa fosse bastata, invece NO! Ecco arrivare nel 2016 Blair Witch (già originalissimo nel titolo), sequel “ufficiale” della pellicola del 1999. Blair Witch mostra le vicende di un gruppo di ragazzi , tra cui il fratello della protagonista del primo film, che in seguito al ritrovamento del video di 17 anni prima, si inoltrano nei boschi di Burkittsville per scoprire cosa sia successo alla sorella del proprio amico e magari per tentare di far riaprire il caso. Il film è girato con la stessa tecnica del suo predecessore e tenta di ricalcare le sue orme attraverso una trama ed uno svolgimento quasi del tutto analoghi, dimostrando una pressochè totale povertà di idee. Nella prima noiosissima ora ci regala inoltre perle come ad esempio il desiderio del protagonista di ritrovare la sorella...dopo mesi di indagini e setacciamentti avvenuti 17 (DICIASSETTE!) anni prima, il tentativo degli escursionisti di individuare con un drone la casa nel bosco presente nel primo film (dopo mesi di indagini e setacciamentti avvenuti DICIASSETTE anni prima!!) e come ciliegina il più classico dei clichè, secondo il quale si presuppone che la scomparsa di un componente del gruppo sia avvenuta perchè “si sarà perso per andare a fare la PIPI'”, quando, soprattutto tra amici, ci si allontanerebbe di massimo 90cm dalla tenda per farla, soprattutto di notte! Perlomeno negli ultimi 20 minuti (su 80 totali, esclusi titoi di coda) la pellicola, attraverso un finale claustrofobico, riesce a regalare qualche sporadico momento di paura, accompagnato da piccole trovate grossomodo interessanti che denotano un minimo di impegno da parte degli sceneggiatori nel non voler realizzare una esatta copia del fortunato primo capitolo. Può bastare questo per realizzare un discreto film ed un dignitoso sequel? Assolutamente NO, e gli incassi e l'interesse che ha prodotto Blair Witch, in aggiunta alle critiche tutt'altro che entusiasmanti, ne sono la prova. Forse qualcuno pensava di poter fare soldi con un film del genere: un inutile sequel/quasi-remake che ha ben poche ragioni di essere concepito, se non appunto quello di “rubare” più soldi possibili... ma fortunatamente non è stato così,per buona pace della vera ed originale Strega di Blair. (in basso, il trailer della serie, anche in HD!) “Buongiorno Signori Lewis, se premerete questo bottone una persona che non conoscete morirà e voi riceverete un compenso di 1 milione di dollari. Avete 24 ore per decidere” Tal proposta avrebbe tutte le caratteristiche per essere un macabro scherzo, se non fosse per il fatto che è fatta da un elegante e freddo Frank Langella nei panni di Arlington Steward che tutto ha (compreso mezzo viso bruciato) meno che l'aria di scherzare: poche parole molto chiare per quella che è un'offerta molto allettante. E' questo, approssimativamente, l'incipit di The Box, film basato su un racconto del 1970 di Richard Matheson e diretto da Richard Kelly (Donnie Darko). Sin da subito sono evidenti le opposte intenzioni della coppia di protagonisti (Cameron Diaz e James Marsden), in un filmcostellato soprattutto nella prima parte da momenti insoliti, curiosi e quasi bizzarri che si riveleranno essere indizi: indizi per cosa? Non è semplice dire di più senza cadere in spoiler, ciò che importa sapere è che la pellicola potrebbe essere molto diversa da quello che ci si aspetta: The Box è difficilmente catalogabile in un preciso genere e gli stravolgimenti che si hanno durante la visione, accompagnati da musiche tipicamente horror, dopo quello che è stato un incipit decisamente thriller, potrebbero far domandare allo spettatore “ma cosa sto vedendo?”. E' difficile classificare tali stravolgimenti come pregio o difetto del film, ma quello che conta è che sono resi in modo da non intaccare la tensione ed il coinvolgimento del film, spingendo chi guarda, nonostante tutto, a fantasticare su quelli che potrebbero essere i risvolti sempre più imprevedibili della storia. The Box è un film certamente ambizioso, con buone probabilità di soddisfare sia chi apprezza il genere thriller, drammatico, horror...e magari qualcos'altro; un film, che attraverso un inizio accattivante ed uno svolgimento totalmente inaspettato punta a far riflettere sull'egoismo dell'uomo e a criticare la natura stessa del genere umano. Forse un'occasione non sfruttata al meglio ma che riesce comunque per buona parte nel suo intento. (in basso, il trailer del film) Partiamo dalle dovute premesse: come gia scritto nel post riguardante Man Of Steel, non sono mai stato un fan di Superman, nè del fumetto, nè di Smallville, niente di niente; al contrario, sono cresciuto malato di Batman, con i suoi cartoni animati ( Batman: The Animated Series del '92/'95), con i 2 film di Tim Burton (con conseguenti conati di vomito per i 2 capitoli di Joel Schumacher) e con la fantastica trilogia di Chrisopher Nolan...il tutto, però, senza MAI leggere i suoi fumetti.
Con questo secondo film in 3 anni, la Warner si pone l’azzardo di voler creare quel suo universo cinematografico che la concorrente Marvel ha sapientemente pianificato e creato passo dopo passo, introducendo man mano i diversi personaggi, dal 2006 (il primo Iron Man uscì nel 2008, ma il progetto venne gia annunciato 2 anni prima), gettando subito nella mischia insieme a Superman l’ennesimo Batman, scelta gia poco saggia se si considera che è ancora fresco nella memoria di tutti il ricordo dell’acclamatissimo Cavaliere Oscuro di Christian Bale (2012). Come se non bastasse ci si presenta per la prima volta sul grande schermo anche Wonder Woman, ma non è finita qui…c’è anche spazio per i siparietti dei vari Flash (quello della serie tv?? No, un altro ancora…) Aquaman e Cyborg; quest’ultimo non l’avevo mai sentito nominare in vita mia, prima di qualche mese fa. Come sarà stato il risultato di tutta questa carne al fuoco? …non di certo dei migliori, come era stato gia pronosticato in tempi non sospetti, ma andiamo per ordine. Batman Al contrario di tutti quelli che gridarono allo scandalo quando Ben Affleck fu annunciato come nuovo pipistrello, ritengo che lui e il suo bel mascellone squadrato siano stati una buona scelta per il nuovo Batman…perlomeno esteticamente ma non di più, visto che le poche espressioni da pesce lesso del buon Ben non sono in grado di dare la giusta profondità al personaggio di Bruce Wayne in abiti civili. Per il resto, vederlo in questo nuovo costume di Batman, così particolarmente spietato dopo 20 anni di “carriera”, e a bordo di una Batmobile visivamente migliore di quella di Nolan, non mi hanno fatto storcere il naso. Il problema è che tutto quello di buono che ho visto, l’ho visto nei pochi momenti in cui Batman agisce da solo; ahimè, in mezzo a Superman e Wonder Woman, specie nel finale contro Doomsday, appare come un pesce fuor d’acqua, tanto inutile quanto a tratti imbarazzante. Mi piange il cuore a scrivere queste cose per un mito della mia infanzia come Batman, ma speravo potesse essere lui a riservarmi qualche vera emozione in questo film. Rimandato, ma non bocciato del tutto. Superman Al di là di tutte le scazzottate, esplosioni, camei,ecc... forse è proprio la resa del rapporto tra Clark e Lois uno degli spunti migliori di questo film; se nel primo non avevo apprezzato particolarmente la figura di Lois, in questo film l'alchimia e i giochi di sguardi tra i due è pressochè perfetta. Parlando di Superman, introduco anche il personaggio di Lex Luthor: ora, io non conosco la personalità “cartacea”, il carattere ed i comportamenti di questo personaggio, ma, se anche nei fumetti Lex Luthor è un ragazzetto viziato, con la fortuna di essere un geniaccio (psicopatico), con risatine isteriche e parlata nevrotica, e l'unica motivazione che lo spinge contro Superman è il fatto che “se tu fossi un Dio, avresti impedito che mio padre mi picchiasse da piccolo” parola più, parola meno... allora Jesse Eisenberg ha fatto un ottimo lavoro... ma siamo proprio sicuri che sia così? I fan del fumetto hanno apprezzato questo Lex? ...da quel che ho sentito in giro, ho molti ma molti dubbi... Wonder Woman Ecco la new NEW entry della pellicola: la bellissima Diana Prince...bellissima, affascinante, enigmatica, gran bello scudo (Wonder Woman ha lo scudo??) tutto quello che volete, ma... c'entrava qualcosa nel film? La trama sarebbe stata tanto diversa se non fosse stata presente nel film? Sono quasi certo di poter affermare che la risposta sia NO: la sua presenza risulta completamente superflua ed ininfluente, se non per il fatto di salvare il c—o a Batman durante lo scontro finale (scena, tra l'altro, spoilerata già nei trailer), azione che avrebbero potuto far compiere benissimo a Superman. Nota positiva, il motivo musicale che accompagna la sua entrata in scena: FANTASTICO. Spero siano consapevoli di questo e lo riutilizzino nel filmstand-alone. Batman V(?) Superman ?? Le motivazioni che spingono Bruce Wayne ad avercela tanto con Superman erano chiare fin dalla visione dei primi trailer; quest'individuo con poteri quasi divini ha distrutto un'intera cittadina (e un suo edificio), potrebbe fare lo stesso col mondo intero, e lui deve fermarlo. Sono motivazioni valide? …mmm, si, perchè no? Hanno mai provato a dialogare durante gli scontri? Ho visto il film 4 giorni fa, ma non mi pare di ricordarlo. Per più di 2 ore vediamo Batman prepararsi, anche in stile Rocky, a questo scontro all'ultimo sangue per poi deporre l'ascia di guerra sul momento clou, per cosa? ...per una frase? Per un nome pronunciato da Superman? Ok, apprezzo il buon cuore ed il sangue freddo che ha avuto Batman in quel momento, ma anche questo cambio repentino di alleanze poteva essere gestito meglio...e magari in qualcosa di più di 10 secondi... In conclusione, i 153 minuti non risultano noiosi, non sono particolarmente scorrevoli, complice anche un montaggio abbastanza frenetico che alterna personaggi e situazioni che a tratti pare abbiano poco in comune, ma fortunatamente non si incorre nel rischio di addormentarsi. Gli sceneggiaturi avrebbero dovuto eliminare completamente alcuni fatti e personaggi...e concentrarsi su meno questioni, approfondendole e perlomeno provare a renderle “epiche” come molti fan delusi si aspettavano, ma si sa che la fretta di raggiungere i “concorrenti”, molto spesso porta questi risultati. Dopo essere stato al cinema, qualcuno mi ha chiesto via sms un parere sul film, ed ho risposto in 7 semplici parole: “Carino, troppa roba, meglio quelli della Marvel” ...ora, posso continuare il countdown per laCivil War del 4 Maggio! |
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Gennaio 2019
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