[In collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it !] Non è mai facile parlare in maniera neutrale ed asettica di Rocky o di qualsiasi cosa ad esso collegata, invece è semplicissimo se lo si fa col cuore, con lo stesso linguaggio col quale Sylvester Stallone ci ha raccontato la “sua” storia in questi ultimi 40 anni. È semplicissimo se lo si ama, ed è molto difficile che chi stia leggendo, magari dopo aver già visto Creed II, non abbia amato questo pezzo di storia del cinema. Chi insinua pigramente (a volte per sentito dire) che il primo Creed sia una copia del primo Rocky, azzardando di conseguenza un paragone tra questo sequel e Rocky IV, non solo non ha mai capito lo spirito della saga creata da Stallone, ma forse neanche il cinema in sé. [In collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it !] Detto ciò, ecco che ritroviamo un Adonis Creed maturo, con Bianca e lo “zio” Rocky sempre al suo fianco, pronto a diventare campione del mondo. Sarebbe il massimo, se non fosse per il ritorno di quelfantasma del passato (non solo del suo), che si fa vivo a muso duro proprio all’apice della sua carriera, e non a caso. Sapete tutti di chi si sta parlando: quel gigante russo chiamato Ivan Drago, che stavolta getterà nella mischia il figlio Viktor (se possibile, ancor più possente del padre) per creare scompiglio nella “famiglia” Creed-Balboa. Troppo facile dopo 30 anni creare il solito effetto nostalgia al ripalesarsi sullo schermo del più celebre ed iconico degli avversari storici di Rocky, difficile renderlo credibile e scevro da banalità, ma ancora una volta il franchise si dimostra maturo e coerente. Si potrebbe dire che nulla è cambiato, ma allo stesso tempo tutto è diverso: come già detto sono trascorsi più di 30 anni, l’Unione Sovietica non esiste più e la Russia non appare fredda e tetra come in passato. Nessuna metafora sulla Guerra Fredda stavolta, ma solo la sete di vendetta di un uomo che ha serbato rancore da quando venne sconfitto a Mosca davanti al suo pubblico e perse tutto, moglie compresa. Ivan carica tutti questi sentimenti e le speranze di rivalsa su Viktor, che dagli sguardi che rivolge al padre sembra quasi volergli dire “Perché io? Cosa c’entro?”, ma va avanti per la sua strada proprio per l’affetto che nutre per quell’uomo che l’ha cresciuto da solo, nell’odio e nella vergogna. Proprio come successe al suo genitore, anche Viktor Drago risulta essere (volutamente) un burattino “costruito” a dovere, i cui fili sono mossi proprio dalle mani del padre, ma con grande sorpresa potremo scoprire che anche Ivan il terribile ha un cuore ed è maturato, saggiamente memore di ciò che accadde a lui. Dopo tutti questi anni si è riusciti a dare una certa profondità anche al personaggio interpretato dall’inossidabile Dolph Lundgren, nonostante non manchino quei momenti in cui risulterà inevitabilmente detestabile. All’angolo opposto del ring, invece, i personaggi risultano maggiormente approfonditi, con una loro naturale evoluzione, e il tutto è reso ancor meglio dalla chimica che li unisce (presente sin dal primo capitolo), che genera nuovi spunti di riflessione. Michael B. Jordan si conferma un buonissimo attore, fortemente espressivo nel suo dolore, nella sua rabbia, e ormai completamente immedesimato nella parte; per Sly parla ormai la sua storia, soprattutto quella inerente all’intera saga, senz’altro la sua migliore creazione. Ormai lui è Rocky, lo è sempre stato: quando si rivolge ad Adonis in realtà è lui che parla ai giovani, e quando scrive determinati dialoghi per il suo personaggio è lui che parla a sé stesso. Questa volta dietro la macchina da presa non troviamo più Ryan Coogler, ma il giovane Steven Caple Jr. che fortunatamente non fa rimpiangere il suo predecessore. Creed II infatti non tradisce lo spirito del precedente capitolo, tantomeno quello di tutta la saga. Come già detto è tutto cambiato: nel mondo, a Philadelphia, nella boxe, ma lo spirito e i valori sono quelli di sempre; c’è la famiglia (di Rocky, di Adonis, di Drago), c’è la rivalsa sociale, il riscatto personale… sarò esagerato, ma in questi film c’è la vita di tutti, storie di persone e famiglie dove in fondo la boxe è solo un affresco che fa da sfondo a tutto il resto. Nonostante l’iniziale ed inevitabile sensazione di già visto, Sylvester Stallone (c’è lui dietro la sceneggiatura) riesce ancora una volta a creare nuove dinamiche che rendono Creed II “diverso”, sia dal suo predecessore che da Rocky IV, diverso come lo sono tutte le 8 pellicole della saga. Certo, ovviamente non mancano i rimandi e le strizzate d’occhio al passato, ma in ogni film c’è qualcosa che li unisce in maniera viscerale, così come ci sono tante piccole differenze e sfumature che li rendono unici. Tanto per puntualizzare, se mai ce ne fosse bisogno, il film non ha davvero nulla a che fare con il quarto capitolo del 1985: gli sguardi di fuoco tra Rocky e Drago sono rimasti gli stessi, ma la pellicola non presenta similitudini né nella trama, né nello schema narrativo, né altro, anzi, riprende per alcuni versi un altro tassello della saga, ma meglio non dirlo per evitare spoiler. Così come la saga si è naturalmente evoluta, stesso analogo discorso è valido per le musiche, sulle quali vale la pena spendere qualche parola. Il celebre tema principale è ormai stato spodestato da quello del nuovo protagonista, ma non mancano certamente rimandi e variazioni, mai forzati, mai inutili, sempre ben contestualizzati (e galvanizzanti). Inoltre il fatto che Bianca (Tessa Thompson), la compagna del protagonista, sia nel film una cantante, è utile per fornire ancor di più una propria identità a questi sequel/spin-off. Creed II è senz’altro ciò che tutti i fan aspettavano ed ameranno, ma il suo pregio più grande è quello di riuscire a soddisfare sia i fan nati negli anni ’70, sia i millennials: perché? Perché quando un lavoro viene fatto con cognizione di causa, con esperienza e soprattutto (sarò banale) col cuore, e si hanno in mano personaggi ed interpreti di un certo calibro, è quasi impossibile non realizzare un ottimo lavoro; un lavoro che non ha nulla da invidiare al suo predecessore se non l’effetto novità (ed è molto). Da super fan della saga (se non ancora si fosse capito), nonostante il desiderio di vedere nuovi film analoghi fino alla fine dei miei giorni, nutro la speranza che questo possa essere l’ultimo capitolo, ed il motivo è molto semplice: Creed II chiude splendidamente, in 2 scorrevolissime ore, tutti i cerchi narrativi, dando una fine dignitosa, un punto d’arrivo e di maturazione a tutti i personaggi, soprattutto a Stallone. Sì, proprio al settantaduenne Sly, perché forse anche il vecchio Balboa ha bisogno di un ultimo, piccolo, ma fondamentale atto per maturare ancora e chiudere la sua storia come merita. P.S. Lo so, non ho parlato di scontri e botte (che ovviamente ci sono e mi hanno fatto letteralmente sudare in sala) ma, come ho già accennato, per me Rocky e Creed sono amore, passione, dolore, sofferenza, famiglia: sono vita… la boxe viene dopo. [In basso, il trailer del film in HD!]
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[In collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it !] C’è chi guarda il Super Bowl perché ama il football, chi perché ama la musica e aspetta le esibizioni live dei numerosi artisti che ogni anno ospita l’evento, e chi, come chi starà leggendo questa recensione, molto probabilmente se ne frega dei primi due e lo aspetta solo per poter vedere i nuovi trailer dei film più attesi. Quest’anno però si è andato oltre per quest’ultima categoria, e il Super Bowl ha regalato (indirettamente) addirittura un film intero! Ebbene sì, perché Netflix non si è limitata a presentare il primo trailer di The Cloverfield Paradox, ma ha deciso di distribuirlo sulla sua piattaforma a partire dal termine del grande evento sportivo. Dunque, dopo anni di travagliata gestazione e di notizie vaghe e contrastanti trapelate col contagocce, ecco che da un giorno all’altro Netflix ci sbatte in faccia questo nuovo capitolo di una delle saghe più anomale del cinema. Era il lontano 2008 quando spuntò fuori quasi dal nulla (è un simpatico vizio della saga) Cloverfield, atipico monster movie girato in stile mockumentary, che si rivelò un buonissimo successo di pubblico e incassi, reso ancor più chiacchierato dalla insolita e criptica campagna di marketing virale che lo accompagnò e dai numerosi easter-egg presenti in esso. Sin da subito si parlò di un sequel, ma dovettero aspettare altri 8 anni prima che nel 2016 venisse distribuito 10 Cloverfield Lane, che alla fine della fiera si rivelò un seguito “spirituale” del predecessore (con parziale delusione di chi, come il sottoscritto, si aspettava un proseguimento della storia), ma comunque una pellicola di buona fattura, con un John Goodman in splendida forma. Dopo questa breve rinfrescata torniamo ad oggi, dove Netflix ci presenta questo nuovo capitolo come sequel diretto del film di 10 anni fa: ma sarà davvero così? La risposta più azzeccata è un deciso “NI”, visto che basta dare un’occhiata al materiale pubblicitario per constatare che la storia è ambientata addirittura nel 2028 (ma c’è sempre di mezzo la famigerata Tagruato). Le vicende si svolgono nella stazione orbitante Cloverfield, dove l’equipaggio sta cercando di mettere in funzione un acceleratore di particelle grazie al quale poter fornire energia illimitata ad una Terra sull’orlo di una crisi mondiale. Abbiamo un equipaggio, una missione, un acceleratore di particelle e… un guasto: gli elementi ci sono tutti e non è difficile immaginare che la situazione potrebbe prendere una piega infelice. Protagonisti della storia sono 8 astronauti tra cui spiccano lo Schmidt di Daniel Bruhl e la Jensen interpretata da Elizabeth Debicki, di cui non sappiamo nulla e che tutto sommato non ci interessa approfondire ai fini della storia. L’eccezione è rappresentata da Hamilton (Gugu Mbatha-Raw) che attraverso la sua storyline col marito Michael, permette lo sviluppo della sottotrama secondaria ambientata sulla Terra, che pare voglia ricollegarsi agli avvenimenti del film del 2008. Esiste un filo conduttore netto che collega i capitoli di questa saga: l’ignoto. L’ignoto è non sapere cosa stia succedendo in città e da cosa si stia scappando, l’ignoto è non sapere perché si sia stati rinchiusi in un bunker anti-atomico e cosa ci sia al di fuori di esso, l’ignoto è non sapere cosa possa aver provocato il malfunzionamento di uno degli strumenti più sofisticati prodotti dalla scienza come un acceleratore di particelle. Il film è un alternarsi di dubbi, misteri, situazioni inspiegabili che, data l’ambientazione vista e stravista, permettono di non scivolare troppo nei vari clichè di turno (come accaduto miseramente ad esempio in Life – Non oltrepassare il limite). La curiosità di avere risposte e le tematiche in stile Fringe (che vorrebbero anche strizzare l’occhio ad Interstellar) contribuiscono a mantenere costantemente un ritmo ben sostenuto per i suoi 100 minuti, accompagnate inoltre da un regia senza sbavature del giovane esordiente Julius Onah, che offre discreti momenti di tensione. The Cloverfield Paradox è questo: un detto ma non detto, un fumo abbondante con un arrosto discreto, un film che soddisfa ma non del tutto, che però lascia con la voglia di sapere ancor di più di quel che si è capito; un po’ come ridere a crepapelle per il modo in cui sia stata raccontata una barzelletta, rendendosi conto in un secondo momento che forse la barzelletta non era ancora terminata. J.J. Abrams non sarà accreditato tra gli sceneggiatori, ma la sua mano da gran parac**o è tangibile in questo come negli altri capitoli. Dal monster movie Cloverfield, al thriller drammatico 10 Cloverfield Lane si è arrivati a questo thriller fantascientifico a tinte horror che probabilmente dividerà il pubblico, ma per chi conosce la saga e le sue evidenti ambizioni di “nicchia”, The Cloverfield Paradox rappresenterà un discreto film di fantascienza che fa il suo lavoro, tentando di regalare qualcosa di accattivante avvalendosi anche di qualche guizzo ben riuscito. Viene da chiedersi: vedremo mai un sequel? Sarà un sequel diretto? La risposta alla prima domanda è sicuramente sì: stando alle parole proprio di J.J. Abrams, infatti, il quarto capitolo sarebbe già stato girato e avrebbe anche un titolo (Overlord), ma dalle pochissime informazioni giunte sappiamo che sarà ambientato addirittura durante la Seconda Guerra Mondiale. Dunque, addio seguito diretto. Magari dovremo aspettare altri 10 anni, o magari ci renderemo conto che Netflix lo ha già inserito nella sua piattaforma senza dirci nulla. Visti gli ultimi sviluppi, nulla è escluso! (In basso il trailer del film, anche in HD!) Siamo nel 2104, sono passati 11 anni dagli avvenimenti di Prometheus (2012) ...e ne mancano 18 a quelli di Alien (1979); l'astronave Covenant trasporta migliaia di embrioni in direzione di un pianeta dalle caratteristiche idonee alla colonizzazione da parte degli umani. A causa di un'avaria l'equipaggio è costretto a interrompere il sonno criogenico: una volta svegliatosi intercetta un segnale radio da un pianeta molto vicino, anch'esso conforme come caratteristiche atmosferiche e precedentemente non individuato, e decidono di cambiare rotta. Come facilmente immaginabile, mancheranno le sorprese. Ridley Scott torna ancora una volta a dirigere quel mondo da lui stesso creato, e se da un lato riprende direttamente le fila interrotte di Prometheus, in questo nuovo capitolo tenta di riavvicinarsi alle atmosfere del primo indimenticabile Alien ...tenta. Ciò che di totalmente nuovo vi era nel suo predecessore, ossia la figura di questi Ingegneri che pare abbiano creato la vita sulla Terra (per poi volerla terminare), in Covenant viene inaspettatamente quasi accantonato, seppur rimangano in primo piano i temi ad essi attinenti riguardanti la creazione e la nascita della vita...con ripercussioni che coinvolgeranno non poco l'intero equipaggio. Ecco: l'equipaggio! Cosa dire dell'equipaggio della Covenant? Praticamente niente, visto che la caratterizzazione se non è nulla, ci va molto vicino; tant'è che verso la fine del film, quando riappaiono sullo schermo determinati personaggi, il primo pensiero è “ah si, c'erano anche loro!” . Anche per quanto riguarda la presunta protagonista Daniels (Katherine Waterson) -una sorta di brutta copia di Demi Moore in Ghost- c'è un piccolo background relativamente significativo, ma nulla più. Perchè “presunta” protagonista? Perchè il vero perno attorno al quale si muove tutto è Michael Fassbender, l'unico attore a fornire un'interpretazione degna di nota, qui ancora nelle vesti di David e del nuovo androide Walter. Sono questi i personaggi attraverso i quali si dipanano le tematiche fondamentali già nominate precedentemente, ed è proprio David ad avere un ulteriore approfondimento rispetto a Prometheus, tramite anche un'affascinante sequenza iniziale. L'azione è ben presente nella pellicola, ma probabilmente troppo alternata a stacchi dialogati e momenti più rilassati, creando così un'altalena di situazioni che vanno ad inficiare sulla tensione che Covenant vorrebbe trasmettere allo spettatore. Stessa alternanza si ha con l'ambientazione di determinate sequenze tra spazi aperti e spazi chiusi, che impedisce il ritorno al completo stile claustrofobico che caratterizzò i primi Alien; scelta atipica che potrà aver soddisfatto molti...ma infastidito altri. “Ci sono gli Xenomorfi??” è la domanda dello spettatore medio che rimase deluso dalla visione di Prometheus, e la risposta (intuibile anche dai trailer) è SI! In questo pare che Ridley Scott abbia voluto accontentare i fan (non che sia una cosa forzata, anzi!) anche se pare abbia stravolto quella biologia degli Xenomorfi che avevamo imparato a conoscere soprattutto nelle prime 2 pellicole; dove sono le “Regine”? Come vengono generate uova? Quanto dura l'incubazione?? Alcuni conti non tornano, e qui un dubbio potrebbe assalire lo spettatore: Ridley Scott ha ripreso in mano la saga di Alien per ricollegarsi ad essa... o per ricollegarsi solo ed esclusivamente al primo capitolo da lui diretto? Ad oggi mancano anche alcuni importanti elementi presenti nell'ottimo Aliens-Scontro Finale di James Cameron (come le già citate Regine): che il regista voglia rinnegare anche questo? Chissà perchè questo presunto attaccamento morboso verso la sua creazione lo abbia colto così all'improvviso dopo oltre 30 anni! Quello che sappiamo è che per rispondere anche a queste domande serviranno altre 1-2 pellicole, così come annunciato dallo stesso Scott; ma era davvero necessaria tutta questa “pre-saga”? In molti pensano di si...ma tanti altri pensano decisamente il contrario. Alien-Covenant risulta tutto sommato più godibile del suo predecessore e si lascia guardare con maggiore spensieratezza, ma il risultato finale è un film che rimane tutt'altro che impresso nella mente e nel cuore degli spettatori... lontano anni luce da ciò che il regista aveva in mente di riproporre: sono passati più di 30 anni, e si vede. (in basso il trailer del film, anche in HD!) [Ecco la mia incompiuta: la recensione di Captain America - Civil War, iniziata mesi fa, il giorno dopo aver visto la pellicola al cinema, terminata ieri sera, dopo averlo rivisto... ora che ormai tutti avranno già scritto e riscritto di tutto sul film. Buona lettura!] Finalmente è arrivata nei cinema, finalmente abbiamo visto la Civil War cinematografica tanto agognata dai fan, con questo tredicesimo film dell’MCU! “I miglior film della Marvel”??? …andiamo per ordine: la “sorpresa” che fu il primo tassello dell’MCU, Iron Man nel 2008, rimane unica; le emozioni che ci regalò il primo Avengers nel 2012, rimarranno insuperabili; l’inaspettato (e vincente!) cambio di toni e di genere di Winter Soldier nel 2014, rimane indelebile; l’immersione nel mondo dei Guardiani della Galassia, sempre nel 2014, rimane indimenticabile. Ed è’ in questa posizione, un tassello sotto i 4 citati film, che è bene collocare questo nuovo capitolo. Tornando alla pellicola, il plot principale era a conoscenza di tutti, quello che era sconosciuto (o quasi) era il vero villain in questione, questo Barone Zemo conosciuto ai fan del fumetto ma non alla stragrande maggioranza degli spettatori, che, come spesso capita nei film dell'MCU, seppur intrigante, non riesce ad essere incisivo come tutti si aspetterebbero da un film di tale portata. L'idea di un cattivo che si muova inizialmente all'ombra di tutto e di tutti, reggendo i fili dello show è come sempre un'idea brillante, ma quello che viene a mancare è il passo successivo... quello che si è avuto con personaggi come Loki, soprattutto, ma anche Kingpin nella serie di Daredevil, o l'HYDRA in The Winter Soldier (ecco, questo esempio non calza proprio a pennello). Tralasciando l'enorme differenza tra lo Zemo del fumetto e quello cinematografico, c'è da aggiungere che le motivazioni che lo spingono alle sue azioni sono Sì valide, ma un po' troppo scontate, e il suo piano, seppur geniale, forse “leggermente” troppo complicato e con molte variabili... si spera, come lasciato intendere nel finale, che questo personaggio possa trovare spazio ed una meritata evoluzione nelle prossime pellicole. Ecco sono partito con il parlare subito di questa “pecca” , in quanto ritengo sia l'unica del film, così da poter liberamente parlare di tutto il resto, cioè di quanto spettacolare ed emozionante ci abbia offerto questa Civil War...cioè, tutto il resto. I toni delle pellicole targate Marvel Studios ormai sono ben chiari e questo capitolo non rappresenta di certo un'eccezione: un tono apparentemente serio, costellato al punto giusto di momenti divertenti e siparietti comici, come la 'visita' di Tony Stark a casa Parker, e momenti più “profondi” e autorevoli. Per quanto riguarda i personaggi “già noti” al pubblico, ognuno di essi riesce ad avere e a ritagliarsi un proprio spazio più o meno significativo, senza risultare una comparsata messa lì solamente per fare numero (l'esempio lampante è AntMan); anche i legami tra questi vengono gestiti piuttosto bene, non alla perfezione (immaginiamo per questioni di durata, visto l'immenso cast) ma comunque in maniera non casuale, uno tra tutti, gli sguardi e gli scambi di battute tra Wanda e Visione, ma anche quello tra Bucky e Cap, o quello teso tra quest'ultimo e Tony Stark. Le scene d'azione, come prevedibile, sono presenti in maniera cospicua, ma mai buttate lì a caso solo per creare azione senza senso; parliamo di scontri tutti funzionali allo sviluppo della storia, che riescono ad intrattenere magistralmente gli spettatori di tutte le età, anche perchè sceneggiati alla perfezione in modo da permettere a tutti i protagonisti di mettere in mostra le loro abilità. Nelle oltre 2 ore e mezza del film (che non sono poche, se si pensa che è la durata anche di Batman V Superman.....) è ben gestito l'equilibrio tra azione e dialoghi, facendo risultare il film mai troppo “casciarone” e mai troppo discorsivo da poter avere momenti noiosi, d'altronde i Fratelli Russo si erano dimostrati più che abili in questo gia in The Winter Soldier. Ma il vero “capolavoro” di questo film e degli sceneggiatori, è stato quello di riuscire ad introdurre in mezzo ad una trama piuttosto ampia, ed in mezzo a numerosi personaggi gia presenti, 2 new entry non da poco conto come Pantera Nera e SpiderMan; il primo, soprattutto per motivi di sceneggiatura, risulta più approfondito ma al punto giusto da lasciare gli spettatori con un senso di “oh, è fantastico! Ho capito chi è e cosa fa...ma voglio sapere di più!! Com è il Wakanda? Come si vive lì? Perchè è diventato cosi?? cosa farà ora? ...cosa faceva prima??” ecc... Fantastica inoltre la sua resa visiva, caratterizzata da un design del costume mozzafiato, e molto buona la resa del suo alter ego T'Chaka, grazie alla prova di Chadwick Boseman. Non a caso, molti critici hanno riportato in maniera entusiastica che in alcuni tratti il film pareva essere un “trailer” dell'imminente film di Black Panther (2018), personaggio serioso e di pregiata fattura dell'Universo Marvel, che merita gli approfondimenti e il giusto spazio, che sicuramente avrà. Discorso diverso va fatto per SpiderMan, presente con un minutaggio nettamente inferiore al re di Wakanda, ma superiore a quello che ci si potesse aspettare; l'approccio al giovanissimo Peter Parker (come OVVIO che sia, rispetto ai precedenti film) è quello ad un personaggio del quale tutti ormai, pur non volendo, sanno tutto e nella pellicola vengono infatti solo accennate le sue risapute origini, che comunque potrebbero essere riaffrontate nel suo nuovo stand-alone (Luglio 2017) nonostante sarà ambientato dopo la Civil War. Quel poco che riesce a trasmettere la pellicola tramite Tom Holland è forse il ragnetto che tutti avrebbero voluto sempre vedere: un quindicenne semplice, genuino, ancora insicuro di se, legato alla Zia May (la bella cinquantenne Marisa Tomei) , ancora alle prime armi (chiacchierone) ed acerbo come “supereroe”, ma già in grado di fare la sua parte; divertentissima e quasi paterna l'alchimia tra lui e Tony Stark, magnifica la resa visiva in costume, anche se con eccessi di CGI in alcuni tratti, e ben studiato e non forzato il “pretesto” usato per far camparire finalmente SpiderMan nell'MCU. Captain America-Civil War non avrà lasciato insoddisfatto nessuno, se non i soliti bacchettoni. Quello che lasciano i film Marvel è sempre quella sensazione di appagamento, ma allo stesso tempo quella voglia di sapere cosa ci sarà dopo, come evolveranno le storie di tutti...e magari di sapere chi altri si unirà a questa grande famiglia (ora divisa); l'appuntamento con le Arti Mistiche di Novembre, è gia vicino. Il cinema Spagnolo, nel passato più o meno recente, è stato in grado di regalarci numerose pellicole thriller/horror degne di nota; la prima, in ordine di importanza, è senza dubbio L'Uomo senza Sonno, del 2004 (che in molti conosceranno solo per la “metamorfosi” subìta da Christian Bale per interpretarla), per poi passare a REC del 2007 (meno memorabili i suoi sequel) ed altre pellicole di cui il maggior esponente è Guillermo Del Toro. Con queste premesse, nonostante la trama di The Corpse of Anna Fritz, già dal titolo e dalla lettura delle prime 2 righe di trama sia abbastanza intuibile, avevo discrete aspettative per questo “necro-movie”... aspettative sgretolatesi già una decina di minuti dopo l'inizio del film. Il film si apre con la morte dell’immaginaria star internazionale Anna Fritz (paragonabile, da come ne parlano, ad una novella Jennifer Lawrence di oggi) e si sposta poco dopo su Pau, che, nell'obitorio dell’ospedale dove lavora, osserva il suo bel corpo esanime; successivamente arrivano due suoi amici che, come prevedibile, non perdono l’occasione per convincere Pau a mostrare loro il corpo nudo della bella star da poco deceduta. Ed è proprio da qui che iniziano i problemi della pellicola, più o meno 7-8 minuti dopo l’inizio (in un film che ne dura 76… poco più di un mediometraggio, pensandoci bene); i tre ragazzi, facilmente descrivibili come “il buono, il cattivo e l’idiota”, sono protagonisti di una storia quasi completamente prevedibile, in cui, passo dopo passo, si ha come minimo il 90% di possibilità di indovinare cosa succederà nei successivi 10 minuti. Ho sperato di assistere a delle “sorprese”… invano;ho aspettato di sentire dialoghi che dessero un minimo di spessore e profondità ad una trama già tremendamente povera… invano; ho anche aspettato di scoprire che lavoro facesse Pau: medico legale? “guardiano” dell’obitorio? Boh!Ho addirittura sperato spiegassero il “perché” è il “come” di determinati avvenimenti, in particolare di uno…piuttosto importante! ma forse chiedevo troppo… Arrivato a questo punto, mi chiedo perché io abbia perso tempo a scrivere su questo film! |
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Gennaio 2019
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