[in collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it] Tom Hiddleston, Brie Larson, Samuel L. Jackson, John C. Reilly… no, non stiamo parlando di un nuovo film targato Marvel, ma del nuovo adattamento di King Kong della Legendary Pictures, appartenente al nuovo MonsterVerse inaugurato con Godzilla nel 2014. Dopo i tre passati adattamenti (1933-1976-2005), questa nuova avventura del celebre Gorilla gigante (qui ancor di più, visto lo scontro con il lucertolone giapponese previsto nel 2020) non ripercorre lo stesso soggetto dei predecessori, ma propone una storia inedita, scrollandosi di dosso l’etichetta di ennesimo remake. Ci troviamo nel 1973, impazza il rock (ottima la scelta dei brani proposti!), la guerra in Vietnam è appena terminata e Bill Randa (John Goodman), per conto dell’organizzazione governativa MONARCH (sì, proprio quella presente anche in Godzilla) ingaggia una squadra per una missione di esplorazione e mappatura di un’isola appena scoperta dai satelliti americani, prima che altre nazioni possano fare altrettanto. Della squadra fanno parte principalmente lo squadrone di elicotteri guidati dal Tenente Colonnello Packard (Samuel L.Jackson), l’ex Capitano Britannico James Conrad (Tom Hiddleston), la fotoreporter pacifista – e con la puzza sotto il naso – Mason Weaver (Brie Larson) e lo stesso Randa; esplorazione? Mappatura? Macché! Come prevedibile i piani sono ben altri, ma non tutti ne sono al corrente. Come avrete appena capito, la trama di Kong: Skull Island è facile facile, senza fronzoli, probabilmente la più adatta per riportare in auge il Re, forse perché è molto più semplice trovare una storia per rendere credibile un gorilla gigante che vive in un’isola inesplorata del Pacifico, piuttosto che una per rendere credibile un lucertolone di 40 piani che giunge a San Francisco. Probabilmente proprio per questo, oltre al plot, esteticamente la pellicola è completamente diversa da Godzilla, e adotta uno stile quasi opposto, con un tono più leggero, concedendosi più di qualche battuta (senza mai risultare fuori luogo); la fotografia inoltre è molto più chiara e visivamente d’impatto. Con King Kong non si ha l’effetto vedo/non vedo, non si deve aspettare quasi un’ora di film per vederlo, ma si va subito al sodo, e basta poco per ammirare il Re dell’isola palesarsi in tutta la sua imponenza; la sua realizzazione è impeccabile e minuziosa, com’è altrettanto buona quella dei kaiju (non è uno spoiler, sapete tutti che ci sono). In generale l’effettistica e la CGI non risultano mai fastidiose, non danno mai veramente la sensazione che la maggior parte dell’azione si svolga davanti ad un green screen… e non pensate che, pur trovandoci nel 2017, questo sia tanto scontato. Oltre al bestione però (Tobi Kebbell dopo Koba e Kong dimostra di essere a tutti gli effetti il nuovo Andy Serkis) c’è un’anima, un cuore che batte, un background ben narrato che permette di comprendere le azioni di Kong e far in modo che alla fine sia lui il personaggio con cui entrare più in empatia; la sua storia è triste, solitaria, quasi commovente, e non passa molto prima che ci si ritrovi a fare comprensibilmente il tifo per lui. I protagonisti umani, d’altro canto, non vantano una caratterizzazione troppo profonda, ma questa, unita alle buone prestazioni degli attori, riesce a rivelarsi sufficientemente necessaria a non far risultare la banda di malcapitati dei semplici comprimari della pellicola. Discorso a parte meritano i personaggi interpretati da John C.Reilly e Samuel L. Jackson; il primo infatti ha il merito di scrollarsi subito di dosso l’infame ruolo (in alcuni casi) di mero comic relief, interpretando un personaggio sopra le righe ma non molesto, con un ruolo se vogliamo anche di indubbia rilevanza… non una novità per l’attore. Samuel L. Jackson è invece l’emblema dell’uomo frustrato, vuoto ed egoista, un soldato che, terminata la guerra, si rende conto di non aver obiettivi nella vita se non quello di cercare un nuovo “cattivo” da combattere per avere uno scopo. Tra mostri giganti e scontri all’ultimo sangue, non è difficile identificare anche lui come uno dei villain della pellicola, la rappresentazione di quegli aspetti negativi dell’animo umano che lo portano a sentirsi padrone del mondo. Ma se il mondo non ci appartiene, ancor meno dicasi per Skull Island: l’isola è un ecosistema autonomo del quale l’uomo può essere solo minuscolo ed impotente osservatore. Non solo Kong, ma altre creature la fanno da padrone qui, ed i protagonisti, così come gli spettatori, possono solo volgere lo sguardo e godersi lo spettacolo; l’azione all’interno del film è costante, il ritmo della pellicola difficilmente cala per più di qualche minuto, ma azione non è sinonimo di confusione, e la pellicola evita di risultare troppo “fracassona” ed irritante con sequenze eccessivamente prolungate. Le scene di combattimento (che quasi mai hanno per protagonisti gli umani) sono quanto mai comprensibili e le dinamiche degli scontri sono chiarissime: tanto per essere chiari, si capisce bene chi colpisce chi, dove lo colpisce, come lo colpisce, ecc… e chi ha visto un qualsiasi Transformers (tanto per dirne uno) sa benissimo quanto il rischio di generare un marasma sia dietro l’angolo in certi frangenti… Insomma, vale la pena di vedere Kong: Skull Island? Ma anche sì! La pellicola chiaramente non ha chissà quali pretese, se non quelle di sorprendere (soprattutto visivamente), intrattenere e divertire lo spettatore, e ci riesce in maniera semplice ed ordinata, senza dover ricorrere a banalità o eccessivo “casino”. Un grande “giocattolone” (nell’accezione positiva del termine) ben confezionato che si lascia guardare con piacere. Ad oggi, data l’enorme differenza stilistica da Godzilla, risulta forse difficile immaginare un film con entrambi i giganti protagonisti, ma chi di dovere avrà tempo per pensarci. Nel frattempo godiamoci questa nuova versione di Kong: il Re è Tornato! …e tornerà ancora! (non vi alzate fino alla fine dei titoli di coda!!). (in basso il trailer del film, anche in HD!)
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Lo ammetto, appena scoperto un paio di giorni fa che era già possibile vedere il nuovo KICKBOXER (in sub-ita e in buonissima qualità), non ho resistito alla tentazione di guardarlo immediatamente... nonostante io abbia già una lista abbastanza lunga di film anche più “importanti” da vedere. Sarà che, chi come me è nato a cavallo tra gli anni 80' e 90', è indubbiamente cresciuto assieme ai film con Van Damme, sarà che proprio la sua annunciata presenza ha fatto alzare l'hype per la pellicola, sarà che tra i protagonisti ci sono anche Dave Bautista e Gina Carano, sarà che “sanguini come Mylee quando l'ho posseduta” riecheggia ancora nella mia mente... ma io non ho perso tempo, e l'ho visto senza pensarci un minuto di più. Kickboxer-Vengeance è il remake di Kickboxer-Il Nuovo Guerriero del 1989, a cui sono seguiti 4 dimenticabilissimi sequel (che in molti, fortunatamente, addirittura non conosceranno), con protagonista assoluto un Jean Claude Van Damme all'epoca al top della popolarità...e della forma fisica, in cui interpreta Kurt Sloane, fratello di Eric Sloane, che per vendicare il fratello arriva a sfidare il terribile campione di Muay Thai Tong Po. La trama di questa nuova pellicola riprende solo questi tre personaggi, andando a modificare gran parte della storia originale a cui si ispira. Adesso Tong Po è un maestro di Muay Thai, allena giovani lottatori da cui è trattato con lo stesso timore reverenziale che si sarebbe potuto avere 3000 anni fa per un faraone, e fa incontri clandestini sui quali la polizia sta indagando; ha già incontrato Eric, e Kurt è già sulle sue tracce, pronto ad essere allenato dallo stesso allenatore del fratello. Siamo di fronte ad un film piuttosto diverso rispetto a quello di 27 anni fa, con un plot non poco differente dall'originale, col quale prevedibilmente non regge il paragone. La scelta di cambiare è coraggiosa, ma complessivamente l'intreccio non riesce a ricreare l'impatto emotivo a cui eravamo abituati, e ne è un esempio la prevedibile storia d'amore che intraprende il protagonista, che poco o nulla aggiunge nel quadro generale. Dave Bautista non è male nel ruolo di Tong Po, con uno sguardo meno “assassino” e glaciale del suo predecessore, ma con una convinzione (una stazza!) ed un background del personaggio, che lo rendono ugualmente temibile. Gina Carano, dopo Fast&Furious 6 e Deadpool, ci ha preso gusto nel fare le parti da stronza, e infatti la faccia (e non solo) da badass non le manca, peccato però che il suo personaggio non sia stato approfondito a sufficienza...un'altra piccola occasione persa. Poi c'è Alain Moussi, che non può reggere il peso dell'eredità di una leggenda come Van Damme, nonostante gli apprezzabili ed evidenti sforzi, e le sue effettive capacità fisiche: credibilissimo nelle scene d'azione, molto meno quando è in abiti civili. Poi c'è proprio lui, Van Damme, qui nelle vesti di Durand, allenatore come Stallone in Creed, ma ancora in perfetta forma fisica, tanto che sarebbe ancora in grado lui stesso di salire sul ring; quello che ne esce fuori è un ottimo e irriverente allenatore... ma un pessimo motivatore, che con il suo allievo non riesce a creare quel legame intimo e profondo, come fece il buon Xian Chow nell'originale: sarà per colpa sua, sarà per gli sceneggiatori, ma manca un convincente sviluppo del loro rapporto. Le battute quando è all'angolo del suo uomo, poi, sono così povere,fredde e quasi fastidiose, che lo “SPACCALO IN DUE!” di Paulie in Rocky IV, in confronto è poesia; so che non è Van Damme a scrivere i dialoghi, ma sarebbe bastato veramente poco per migliorare la resa emotiva dell'incontro. Un plauso va alle scene di combattimento: non sarò esperto in questo, ma riescono ad essere più interessanti e “studiate” del solito, e regalano uno scontro finale di forte impatto visivo, degno di nota almeno dal punto di vista “fisico”, visto che, come già detto, dal punto di vista emotivo lasciano lo spettatore quasi distaccato. Quello che rimane dopo la visione del film è la sensazione di aver passato una gradevole ora e mezza carica di nostalgia e del giusto fan service cotto a puntino, nella speranza che arrivasse quella scintilla che ci ha fatto innamorare della pellicola originale ma che, probabilmente, appartiene ormai ad un altro cinema. (QUI SOTTO, IL TRAILER DEL FILM, ANCHE IN HD) E' la prima volta che mi trovo a recensire un film di animazione, quindi spero di riuscire al meglio in questa "ardua" impresa.
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Gennaio 2019
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