[In collaborazione con gli amici di www.nerdevil.it !] Si era partiti con un’opera di stampo shakespeariano, scegliendo Kenneth Branagh alla regia del primo film solista del Dio del Tuono; adesso sono passati sei anni, l’MCU è al suo 17° lungometraggio e la Marvel ha deciso (ormai da tempo) di cambiare registro al proprio personaggio. Thor: Ragnarok è quel film con protagonista il figlio di Odino che mai avremmo creduto di vedere prima della creazione dell’universo cinematografico Marvel: tutti si sarebbero aspettati qualcosa di solenne, epico, infarcito di dialoghi ampollosi e profondi, ma i tempi sono cambiati e pellicole come Guardiani della Galassia hanno chiaramente contribuito a cambiare il modo di fare cinema alla Casa delle Idee. Ma proseguiamo con ordine: Thor è alla ricerca di risposte da quando ebbe una visone di Heimdall (in Age Of Ultron – 2015), Hulk è disperso da due anni, Loki governa Asgard sotto mentite spoglie e come se non bastasse Hela, la dea della morte, è arrivata proprio ad Asgard per rivendicare il dominio su tutti i Nove Regni. Gli elementi ci sono tutti e la combo d’apertura Thor/Surtur con Immigrant Song dei Led Zeppelin in sottofondo è gia un sunto di ciò che seguirà: botte, dialoghi irriverenti e genuina tamarragine. Thor: Ragnarok volta completamente pagina rispetto al passato: le scene sulla Terra sono ridotte all’osso (pressoché nulle), la fotografia è completamente cambiata dando spazio a quei colori accesi e sgargianti che tanto caratterizzano il lato “cosmico” dell’MCU, ed i toni leggeri e divertenti hanno preso il sopravvento. Ciò che non cambia sono loro: i fratellastri. Thor e Loki sono un po’ come Totò e Peppino, che prima sono complici, poi si odiano, si picchiano, si alleano, si tradiscono, ma alla fine si vogliono bene… a modo loro, ma si vogliono bene, regalandoci gag a ripetizione e mostrandoci anche qualche altra piccola sfaccettatura del loro rapporto. Chris Hemsworth e Tom Hiddleston sono perfettamente a proprio agio nelle rispettive parti e questa è storia assodata già da anni, ma Hiddleston in particolare dimostra ancora una volta la sua capacità di far apparire Loki carismatico, nonostante il tempo lo abbia parzialmente trasformato in un comic-relief. Il Dio dell’Inganno e il suo interprete sono più forti di questo, e il personaggio nonostante tutto appare attraente, accattivante e sopra le righe; d’altronde se anche lui è tanto amato dal pubblico un motivo ci sarà. Dall’altra parte c’è il binomio Thor–Hulk (questa volta più Hulk che Banner), che appare più come una coppia alla Bud Spencer e Terence Hill. In Thor: Ragnarok il pubblico trova un gigante verde completamente nuovo, dove è possibile identificare quasi totalmente la scissione tra l’uomo e il “mostro”: la tipica battuta “Hulk odia Banner” che si trova nei fumetti e viene per la prima volta ripetuta in un film. Hulk si sente a casa sua su Sakaar, tra combattimenti all’ultimo sangue e libero dalla necessità di tornare alla propria forma umana, ma ritrovare il proprio “collega di lavoro” cambierà decisamente le carte in tavola. Ai personaggi che già conosciamo se ne aggiungono inevitabilmente altri, e se tra questi spiccano Valchiria (Tessa Thompson) e il Gran Maestro (Jeff Goldblum) lo stesso non si può dire per Skurge, con un Karl Urban relegato in un ruolo importante quanto la sesta marcia in un’auto, e per il ritorno in sordina del buon Heimdall (Idris Elba). Con le comprimarie femminili toste la Marvel ha spesso fatto centro (Vedova Nera, Peggy Carter, Gamora) e Tessa Thompson continua questa piacevole tradizione dando vita ad un personaggio cazzuto e dalle diverse sfaccettature, di cui sappiamo quanto basta per comprendere le sue azioni; una presenza che di certo non sfigurerebbe in mezzo agli altri eroi nel prossimo scontro con Thanos in Infinity War. Jeff Goldblum d’altro canto si diverte e non poco: il suo Gran Maestro è una bella (bellissima) copia di Jabba The Hutt, che vive nel suo palazzo in un pianeta discutibile come Sakaar, gestisce incontri all’ultimo sangue e a quanto pare non è così restio ad omicidi e torture, ma l’interpretazione leggera ed incisiva dell’attore contribuiscono, in linea con il tono della pellicola, a far emergere maggiormente il lato ironico ed irriverente del personaggio. Nulla da ridire anche sull’interpretazione di Cate Blanchett, che fa quel che può per esaltare la sua Dea della Morte, ma purtroppo Hela rientra in quella cerchia di villain Marvel scritti in maniera piuttosto frettolosa e didascalica. Dopo Ego (Kurt Russell) e l’Avvoltoio (Michael Keaton) pareva che ai piani alti avessero deciso di intraprendere una nuova strada per quanto riguarda i cattivi, ma se Hela riuscirà ad essere ricordata in futuro sarà esclusivamente merito della propria interprete; la Blanchett oltre alla sua naturale bellezza e sensualità, prende quei pochi elementi che ha a disposizione per fornire un minimo di spessore alla Dea. Un personaggio parzialmente sacrificato, così come lo è il Ragnarok che dà il nome al titolo della pellicola. Il Ragnarok è l’Apocalisse, la fine del Mondo (di Asgard) secondo la mitologia Norrena, una fine del mondo che per una buona metà lascia spazio alle vicende meno serie di Thor, Loki, Hulk e Valkiria: saranno rimasti soddisfatti i fan di Planet Hulk, altra saga a fumetti a cui fa riferimento la pellicola, ma probabilmente le vicende Asgardiane avrebbero meritato maggiore spazio. La sceneggiatura di Thor: Ragnarok, tra soluzioni sbrigative e mancati approfondimenti necessari, è tutt’altro che eccelsa, ma nonostante tutto Taika Waititi riesce ad amalgamare il tutto rendendo meno vistose tali lacune. La pellicola del regista neozelandese, tra gradevolissime musiche di chiaro stampo anni ’80 e i mille colori di una CGI migliore di quanto ci si sarebbe aspettati dai trailer, gode senz’altro di un buon ritmo: i momenti “morti” sono pressoché azzerati, e lì dove non c’è azione arriva la battuta, la gag. Sì, tutto molto divertente, forse anche troppo. È vero che non è mai cosa buona e giusta prendersi troppo sul serio (come si è tentato in casa DC), ma cercando di cavalcare l’onda delle pellicole Galattiche di James Gunn, forse si è finiti con lo snaturare parzialmente un personaggio del calibro del Figlio di Odino. Per carità, nulla di parodistico o fastidioso, semplicemente, come già detto all’inizio, uno stile che fino a qualche anno fa il pubblico non si sarebbe aspettato in un film dedicato a Thor. Tirando le somme, cos’è Thor: Ragnarok? La terza pellicola sul Dio del Tuono si rivela a tutti gli effetti uno spassoso pop-corn movie: un film che chiaramente si prende poco sul serio e permette, prima del prossimo mastodontico crossover in arrivo a Maggio 2018, di rivedere in azione alcuni tra i più amati beniamini. Thor: Ragnarok è semplicemente e serenamente ciò che “il grande pubblico” voleva… niente di più, niente di meno, ed è stato accontentato. (In basso, il trailer della pellicola anche in HD!)
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Avete finalmente visto IT? Il giorno che sembrava non dovesse arrivare mai è arrivato, la barchetta di Georgie è finalmente caduta nel tombino... e ci siamo precipitati al cinema. Dunque COM E' IL FILM? Domanda ovvia, risposta semplicissima: Bello. IT è un film horror curato e ben girato che fortunatamente non si rivela il “solito horror”... insomma, semplicemente molto bello. L'impressione è che effettivamente sia stato girato con passione e con cuore, e i pareri di persone soddisfatte che hanno letto il libro (io purtroppo non l'ho fatto) confermano di come sia rimasto intatta e tangibile l'anima del romanzo di Stephen King. Avrete già letto di tutto e di più sulla pellicola del buon Muschietti, quindi mi limiterò a poche e mirate considerazioni. I protagonisti sono tutti sorprendentemente bravi e credibili, con le loro pulsioni adolescenziali e le loro battute a sfondo sessuale (per gran parte ad opera ovviamente di Richie-Finn Wolfhard); questi ragazzi in preda agli ormoni sviluppano una chimica che più di ogni altra cosa rappresenta lo spirito del film. Come dice la scimmia Cesare: “scimmie, unite, forti!” e anche i 7 perdenti, uniti, sono addirittura in grado di non temere una creatura che è a tutti gli effetti male puro. Magari sarebbe stato bello sapere qualcosa in più su qualcuno (e non lasciare il povero Mike da solo per mezzo film), ma ciò che sappiamo di ognuno di loro risulta nel complesso sufficiente...d'altronde la pellicola dura già 135 minuti. Il regista riesce perfettamente a portare allo spettatore la visione dei ragazzini, in una Derry dove nessun adulto risulta mai minimamente una figura positiva (ma proprio NESSUNO!), insomma la tipica visione che tutti avremo avuto durante la nostra infanzia in cui “Gli adulti non ci capiscono! Gli adulti non sanno nulla!”. Proprio per questo IT riesce ad essere sia un film per i giovani, sia un film per tornare giovani e nostalgici, e non era facile realizzarlo. Per il resto, il ritmo della pellicola è senz'altro gradevole e rende scorrevoli le 2 ore e più del film, nonostante ci siano dei frangenti piuttosto rilassati, ma funzionali e resi ugualmente piacevoli grazie alle interazioni e ai dialoghi mai banali tra i piccoli protagonisti. “Fa PAURA?” SI, il film spaventa e impressiona grazie anche ai tanto temuti “jump scare”, che se usati unicamente come pretesto per terrorizzare, avrebbero banalizzato l'intero girato; invece ci sono, ma sono ben utilizzati, ci sono ma non sono l'unico espediente per sapaventare. Insomma, nulla è sbagliato se ben dosato e ben diretto. Pennywise fa effettivamente paura (nonostante i pericoli non arrivino soltanto da lui) e NO, non è paragonabile con quello dell'ottimo Tim Curry, non perchè uno sia tanto migliore dell'altro, ma semplicemente perchè non c'è nessun paragone da fare. Nessuno sano di mente farebbe mai un paragone sul Joker di Jack Nicholson e su quello di Heath Ledger, perchè sono due caratteri completamente diversi, due visioni completamente diverse dello stesso personaggio tanto quanto lo sono Curry e Bill Skarsgaard. Questo nuovo Pennywise spaventa a prima vista, non vuole attirare per poi uccidere: vuole terrorizzare, terrorizzare per nutrirsi proprio di quella paura! Questo pagliaccio non lascia spazio ad indugi e non si dilunga più di tanto nei dialoghi; come già detto è male puro, come è pura e lampante la voglia che ha di trucidare il Club dei Perdenti. MA nonostante tutto, riesce anche ad essere grottesco e a tratti quasi comico. Se nella miniserie del '90 (e questo è un paragone da fare) sembrava quasi che Pennywise se ne andasse via dopo averli terrorizzati senza mai affondare il colpo, questa volta non è così; il clown da l'impressione di poter effettivamente ammazzarli uno ad uno in ogni scena dove è protagonista, se non fosse “interrotto” da altre cause. Per essere chiari, “ci va tanto vicino così” più di una volta. Il lavoro del più piccolo degli Skarsgaard è senza dubbio notevole e ispirato: nelle espressioni, nei ghigni, nelle urla e nella mimica facciale, l'attore risulta già piuttosto ferrato (chissà se è merito anche di quel suo leggero strabismo). Di più, ad un ragazzo di 27 anni non gli si poteva chiedere e della sua interpretazione non potranno non essere tutti piacevolmente sorpresi. Nostalgici di Tim Curry e non. Ovviamente senza fare spoiler è bene spendere 2 parole sul finale: coinvolgente, avvincente, romantico. Le parole sono 3 e forse esagerate, ma lo scontro tra i protagonisti ed il clown riesce ad essere spettacolare ed entusiasmante senza sfociare nell' “americanata”. Ultime note di merito per le guanciotte da strizzare di Jeremy Ray (Ben) e per la scelta di Sophia Lillis (Beverly), sensuale ed innocente allo stesso tempo e perfettamente amalgamata con il resto dei maschietti (ma solo io credo che sia il perfetto mix tra Scarlet Johansson e Amy Adams?) IT è dunque un “capolavoro” come qualcuno ha affermato? Assolutamente no, infatti anche questa non è una pellicola esente da piccoli difetti...ma per parlare di questo potete rivolgervi ai bacchettoni del mestiere. Quello che più conta è la domanda nel titolo: le attese sono state rispettate? Diamine, SI! Quindi andate al cinema a vedere IT! Se siete amanti dell'horror, se non lo siete, se avete letto il libro o se non l'avete fatto, se avete visto la miniserie del 90' o se non sapete minimamente chi sia Pennywise... perchè la pellicola diretta da Muschietti è decisamente un gran bel film. (In basso il trailer della pellicola, anche in HD!) Per carità, Diana Prince è tutt'altro che normale, lei si che ha le palle, oltre ad essere una bella stangona di donna, ma di questo ne parleremo dopo. “Capolavoro” - “Il miglior cinecomic dell'anno” - “La rinascita del genere supereroistico”; queste alcune delle esclamazioni più eclatanti che hanno accompagnato l'uscita della pellicola, ma... NO. Oggettivamente, onestamente e serenamente...no. Si sa, tutto è relativo, e magari chi si è lasciato andare in giudizi tanto esaltati aveva ancora impressi nella mente i tre precedenti capitoli del DC Extendend Universe, ovvero Man of Steel, Batman V Superman e lo scempio conosciuto col nome di Suicide Squad; ebbene sì, se paragonato a questi, Wonder Woman di Patty Jenkins può effettivamente essere classificato come un film eccelso. Ma come ovvio che sia, anche lo standalone dedicato alla principessa delle Amazzoni di Themiscyra deve confrontarsi con l'intero panorama dei cinecomic, ed è qui che il giudizio della pellicola viene giustamente ridimensionato. Wonder Woman è un buon cinecomic? No. A dirla tutta Wonder Woman è un buonissimo cinecomic! ...ma comunque inferiore a pellicole di genere come ad esempio I Guardiani della Galassia (sia il primo che il secondo). Questo quarto prodotto DC/WarnerBros riesce a far tirare un momentaneo sospiro di sollievo all'intero DCEU (in attesa dell'ennesima “incognita” Justice League) attraverso una storia semplice, ben scritta e senza chissà quali pretese: come già detto, una normale storia di origini ben girata. Era tanto difficile? Non siete tutti Nolan alla DC, fatevene una ragione. Le vicende quasi magiche dell'Isola Themyscira vanno ad incrociarsi con quelle della Prima Grande Guerra del nostro secolo e Diana si troverà moralmente costretta ad accompagnare il bel Steve Trevor (Chris Pine) e compagni a Londra, pronta ad affrontare quel conflitto frutto delle macchinazioni (secondo lei) di Ares, Dio della Guerra e nemico giurato delle Amazzoni. Diana non ha mai visto un uomo, non ha mai lasciato la sua isola, non sa come funziona il mondo, e la sua giustificata ingenuità è ben trasposta senza farsi mancare la giusta dose di leggerezza; ci si diverte il giusto, senza risultare inappropriati. L'evoluzione della bella Amazzone si percepisce chiaramente, così come è evidente il passaggio da impavida guerriera a eroina. Non sarebbe Wonder Woman se non le desse di santa ragione...e infatti le da. Le coreografie dei combattimenti sono curate, ben curate, e il risultato sono scene d'azione visivamente d'impatto e chiare... chiara come lo è la CGI in più di qualche passaggio. Strano e per certi versi sconvolgente trovare in produzioni così altisonanti del 2017 palesi e vistosi momenti, attimi “finti” e quasi innaturali, frutto di totale computer grafica. Ma chiudiamo un occhio anche perchè, come già detto, il risultato finale è più che soddisfacente, merito soprattutto di una Gal Gadot ormai perfettamente calata nella parte, nonostante i suoi lineamenti fin troppo delicati per una guerriera Amazzone...ma va bene così. E poi c'è il cattivone di turno: Ares c'è ma non si vede, o meglio c'è ma non sappiamo chi sia, sotto quali vesti si nasconda. La sua presenza aleggia durante la pellicola, e quando finalmente si manifesta lo fa con uno charme e con dialoghi degni più che altro di un novello ed elegante Lucifero (ma sì, più o meno il corrispettivo di Ares nella mitologia Greca). Il suo messaggio è chiaro: non è lui il principale artefice dei mali dell'uomo, ma l'uomo stesso, Lui si limita solo alcuni piccoli “suggerimenti”. D'altronde come già anticipato dall'indimenticato Joker di Heath Ledger, “la follia dell'uomo è come il caos...basta solo una piccola spinta!” Nulla di trascendentale, è bene ribadirlo (come ha già più volte ricordato addirittura James Cameron), Wonder Woman è un normalissimo è buonissimo cinecomic ben scritto e diretto; esattamente quella ventata di sana normalità senza eccessive pretese che serviva all'universo cinematografico della DC per riacquistare credibilità. Ricordate ancora,vertici della Warner/DC: non siete tutti Nolan. (in basso il trailer del film, anche in HD!) |
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Gennaio 2019
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